Ma quando si è grandi si può essere prima fascisti razzisti, poi partigiani, quindi leghisti e razzisti antimeridionalisti, “berlusconiani” lavorando per Mediaset, poi antiberlusconiani con accenti perfino smodati rispetto ad un sereno atteggiamento critico? Che cosa vuol dire grandi? grandi giorna-listi? Vuol dire avere la penna capace, la penna logorroica, la penna corretta (grammaticalmente e stilisticamente), la penna aggressiva, la penna imperti-nente, la penna commerciale, la penna, la penna…

o vuol dire piuttosto esercitare un giudizio obiettivo nei confronti delle persone e dei fatti, lasciando al lettore lo spazio delle conclusioni, senza guidarlo su binari faziosi o preconcetti? esprimere le proprie idee con moderazione, sia pure con passione, avvalorandole con la voce di tutti gli elementi disponibili, piuttosto che con il silenzio dei dati scomodi? Basta essere cólti e dotti, o è meglio esserlo un po’ meno? cólti, dotti e di parte, cólti, dotti e imparziali (il più possibile), di cultura media e di parte, di cultura media e imparziali, ignoranti e di parte, ignoranti e imparziali?… Insomma, quali sono i parametri per giudicare la grandezza di un giornalista? Certamente non il suo successo e tanto meno l’influenza che esercita sulle tirature.

Noi crediamo fondamentalmente che un buon giornalista debba avere capacità di scrittura e di comunicazione e osservanza del valore imprescindibile della verità, come antitesi della menzogna e come corrispondenza ai fatti e coerenza di pensiero nei confronti degli eventi e dei loro protagonisti.

Detto questo sentiamo il dovere di aggiungere che siamo stanchi delle “apoteosi post mortem”: chi muore è stato sempre più di quello che è stato e spesso anche ciò che non è stato. Il cordoglio porta con sé quasi un desiderio di risarcimento, come se nei confronti di qualunque defunto si avesse ogni volta un qualche debito da estinguere. Tutto questo anche a scapito dell’obiettività.

Non intendiamo discutere in ogni caso delle capacità di Giorgio Bocca: di lui purtroppo ci rimane lo sgradevole ricordo di un silenzio: la mancata risposta a una lettera che gli inviammo per richiamarlo a una scrittura meno di parte e meno nevroticamente attenta a focalizzarsi sull’abbigliamento o sui tic di un soggetto, aperta invece al giudizio distaccato sugli avvenimenti e puntuale sull’operato delle persone.

Di seguito riportiamo l’articolo di Bocca e la nostra lettera, precisando che essa non fu dettata da intenti “partitici”: noi abbiamo sì idee politiche, ma di Politica alta, non in relazione a schieramenti contrapposti per la lotta alle poltrone, specialmente oggi che non ha più senso ogni discorso ideologico, oggi che le ideologie sono chiaramente tramontate. Abbiamo idea di come lo Stato dovrebbe essere amministrato, senza utopie e senza condizionamenti di pensiero: vorremmo sempre che davvero il benessere del cittadino fosse l’obiettivo di ogni azione di governo, non soltanto a chiacchiere demagogiche per la conquista dei suffragi. La lettera era quindi il frutto dell’indignazione per un giornalismo a servizio dei Partiti piuttosto che della “gente”, dei lettori di ogni indirizzo, dei cittadini, insomma; per un giornalismo che mira ad appagare gli adepti e a fare proseliti: non è questo che ci piace! Da qualunque colore provenga questa modalità.

La lettera che segue l’articolo di Giorgio Bocca non intendeva (né intende) in alcun modo, dunque, assumere posizioni partitiche, ma solo esprimere un’opinione sul modo di affrontare i problemi della politica da parte del giornalismo più “qualificato”, che troppo frequentemente riduce ed avvilisce a cronaca pettegola e scandalistica, spesso attraverso contestazioni ad personam (che finiscono sovente per sortire il contrario ell’effetto desiderato!) questioni che andrebbero affrontate con serio distacco analitico e critico-propositivo.

Né il Direttore de L’Espresso, né l’illustre giornalista ci degnarono di risposta.

  

l’antitaliano di  Giorgio Bocca

venerdì, 31 marzo 2006  (cfr. http://bananabis.splinder.com/archive/2006-03)

Com’è umiliante questo finale di regime

Finisce male, malissimo il Cavaliere. Disperato, furente, solo contro tutti, contro la stampa, contro i giudici, contro l’Europa contro la Confindustria, contro il capitalismo. Proprio lui, che ha cavalcato da sempre il capitalismo selvaggio, adesso che il suo potere svanisce si inventa, come il Mussolini di Salò, una congiura degli industriali ai suoi danni.

Tutto pensavamo di questo crepuscolo del piccolo duce dai tacchi alti e dai capelli finti, fuor che si atteggiasse a nemico del capitale alla testa di una ‘lotta di classe dentro la classe’, come ha scritto il suo Bombacci, il direttore del ‘Foglio’. Sbigottiti e un po’ vergognati assistiamo alla rivelazione piena delle sue miserie, delle sue inaudite gaffes. Massima quella riproposta da Enrico Deaglio nel suo impressionante documentario, la seduta del Parlamento europeo in cui il presidente del Consiglio italiano ha dato del kapò, dello sbirro nazista, a un deputato tedesco che gli aveva ricordato la sua appartenenza alla P2 e la contiguità con personaggi condannati per concorso mafioso.

Ed è vero che la stampa italiana ne parlò diffusamente, ma senza lo sdegno che avrebbe meritato la vista di tutti i parlamentari in piedi a gridare contro l’italianuzzo presuntuoso e villano che aveva violato tutte le regole della buona educazione, e creduto di poter fare impunemente il suo numero strafottente al Parlamento europeo. Un gaffeur colossale che canta canzoni napoletane assieme a un posteggiatore, che recita in inglese una sviolinata agli Stati Uniti e al presidente George Bush che lo guarda divertito, che va in giro con una bandana bianca sul capo per coprire l’operazione di trapianto, che parla dell’Italia come un operatore di una società di viaggi.

Il giorno della sua incredibile recita anticapitalistica, il 19 marzo scorso, i quotidiani erano in sciopero tutti, meno quelli berlusconiani di destra. Che nel silenzio della stampa che conta, che informa, che rappresenta la società italiana riempirono le loro pagine di lodi sperticate per il Cavaliere, incapaci di giustificare i suoi deliri di addio.

Perché una delle molte differenze fra il mussolinismo e il berlusconismo è che il primo riuscì per qualche anno a farsi seguire anche dalla borghesia delle scienze e delle arti, mentre l’altro non è andato oltre una cultura leghista e qualunquista, faziosa, ricattatoria. E se ha imitato Mussolini, ha imitato solo quello di Salò e dei trionfi di cartapesta.

Sbigottiti prendiamo atto di questo finale di regime, dei danni gravissimi che il Cavaliere ha inferto al nostro paese quasi separandolo dalla comunità europea, presentandolo come il paese dei mandolini e delle pizze con un incancellabile profumo di fascismo perenne. Sbigottiti pensiamo che grazie a questo ometto gli eredi di Salò si ripropongono come nostri governanti e sfilano con gagliardetti, croci uncinate e manganelli nelle strade delle nostre città.

Avevamo previsto una campagna elettorale isterica, violenta, ma l’ometto vuole congedarsi con una mischia confusa e umiliante e già ci sono gli ultimi custodi della sua fiamma che si dicono pronti a seguirlo fino al martirio. Ma non preoccupiamocene, li ritroveremo tutti a cercare prebende e protezioni democratiche, i salti della quaglia ci riporteranno all’unanimismo di regime che, in fondo, è la nostra scelta fatale.

Resta la solita domanda del perché delle follie sociali? Perché questo personaggio sin troppo scoperto nelle sue megalomanie e nei suoi abissali vuoti di cultura ha avuto un così grande seguito nel nostro paese? Il direttore del ‘Foglio’, che conosce bene lui e noi, dice che ci è servito per sfuggire alla noia. Ma a che prezzo!

 _________________________________________________________

Com’è umiliante questa stampa irreggimentata

Egregio Direttore,

La prego di sottoporre questa mia lettera all’attenzione dell’illustre Giorgio Bocca, che io mi permetto di criticare per quanto scrive nell’articolo “Com’è umiliante questo finale di regime”, non per il suo aspetto o per gli abiti che indossa…, ricordandogli l’ossequio dovuto alla deontologia giornalistica.

Che “bocca”, Giorgio!!!

Davvero una piccola penna per un “piccolo duce”!

Certo, la politica dovrebbe essere cosa assai diversa da quello che è, fatta né di presuntuose ed ingannevoli ostentazioni, né di frateschi ed inquietanti sospiri tenebrosi… Quanto mi piacerebbero capelli finti e tacchi alti, o professorini dallo scarso controllo della grammatica italiana (si riascoltino le sbavature linguistiche del Professore nel corso del “titanico” confronto televisivo – Noi guardevamo il consuntivo…; …perché sono stati tolti le istituzioni che avevamo messo noi; potrebbero essere sei mesi a fila; non è stato fatto nessuna guida; e simili -), capaci però di ben governare!

La classe dei giornalisti sembra all’altezza della classe politica… in grado di esprimersi soltanto attraverso strumenti di bassa lega!

Che eleganza e che spessore, caro Bocca, la Sua “critica politica”! Forse appena degna di bar e di angiporti… o comunque di chi ha un distorto concetto della democrazia e del rispetto dovuto alla persona, di qualunque idea, di qualunque credo, di qualunque tendenza o schieramento.

La demolizione di un operato politico, di un’azione amministrativa, non può essere condotta sulla base di un intervento tricologico, di un lifting, o della scelta di un paio di scarpe, né attraverso accostamenti anacronistici a questo o a quel personaggio, magari discutibile, della Storia! La campagna elettorale, ad o contra personam, ha sempre scarsi argomenti concreti: a meno che la persona non sia valutata attraverso il governo portato a termine o il programma presentato agli elettori. Le Sue argomentazioni sagaci sono proprio rivolte altrove!

Che vuole che mi interessi, caro Giorgio, se Berlusconi Le è antipatico e se fisicamente non è il suo tipo! Non è certo bello Prodi, né suscita miglior sintonia. Se dovessi votare solo in base a quanto Lei scrive, sceglierei chi Lei offende! E se l’efficacia della comunicazione sta nei risultati che essa ottiene, Lei ha sbagliato tutto. Perché non fare un discorso più sereno, più “serio”, ad esempio esclusivamente sui contenuti dei programmi?

Io sono interessato ai problemi economici e sociali, alla giustizia, alla sicurezza, alla cultura, all’ambiente, non certo al profilo greco dei candidati, alla loro età, ai loro capricci, alla loro vita privata… Lei è impegnato piuttosto a mettere in luce “l’italianuzzo presuntuoso e villano” che d’istinto risponde (sia pure in maniera pesante e maldestra) ad un’offesa ricevuta, altrettanto acre; o la bandana bianca (ma le pare argomento?), o l’ometto (ma come si permette?), o gli eredi di Salò (ma dove li ha visti?… ha scorto in giro anche gli eredi di Stalin…?!).

Coraggio, si ispiri alla “serietà”, come suggerisce lo slogan che Lei sostiene (ma “la serietà” non aveva già governato? e non era stata così incapace da portare alla vittoria di Berlusconi?): diventi un giornalista imparziale, e il Suo giudizio diventerà più convincente.

Infine, Lei preferisce un falso sincero o un sincero falso? Berlusconi (sinceramente falso) o Prodi (falsamente sincero)? Io uno schietto sincero, ma dove lo trovo?

Con stima… da recuperare! 

P.S. Mi auguro che nella sua felice isola democratica, lontana dai “regimi”, ci sia spazio per accogliere le critiche…

Amato Maria Bernabei

6 thoughts on “Lettera aperta (2006) a Giorgio Bocca (grande giornalista?)

  1. Egr. sig. Amato Maria Bernabei,

    credo di fare cosa a Lei gradita spiegandole il motivo per il quale il sig. Bocca non rispose alla Sua lettera.
    Il motivo, semplice, è che la Sua lettera non era degna di risposta alcuna.

    Ora intendo spiegarLe perchè la Sua lettera non era, ed è, degna di risposta.

    Primo: perchè l’inizio della Sua missiva che, ritengo, volesse essere tagliente ironico e spiritoso è, al contrario, imbarazzante ed irrispettoso ( almeno dell’eta’ e della storia del sig. Bocca )la Sua lettera incomincia con una spiritosaggine molto triste ( che “bocca” Giorgio! ) e continua con un giudizio inopportuno ( “una piccola penna” ).

    Secondo: perchè la parte da Lei scritta e che Le riporto di seguito

    “Certo, la politica dovrebbe essere cosa assai diversa da quello che è, fatta né di presuntuose ed ingannevoli ostentazioni, né di frateschi ed inquietanti sospiri tenebrosi… Quanto mi piacerebbero capelli finti e tacchi alti, o professorini dallo scarso controllo della grammatica italiana (si riascoltino le sbavature linguistiche del Professore nel corso del “titanico” confronto televisivo – Noi guardevamo il consuntivo…; …perché sono stati tolti le istituzioni che avevamo messo noi; potrebbero essere sei mesi a fila; non è stato fatto nessuna guida; e simili -), capaci però di ben governare!
    a classe dei giornalisti sembra all’altezza della classe politica… in grado di esprimersi soltanto attraverso strumenti di bassa lega!”

    Che eleganza e che spessore, caro Bocca, la Sua “critica politica”! Forse appena degna di bar e di angiporti… o comunque di chi ha un distorto concetto della democrazia e del rispetto dovuto alla persona, di qualunque idea, di qualunque credo, di qualunque tendenza o schieramento.”

    ha una prosa talmente bolsa e un contenuto talmente demagogico ( dove lo si intende, perche’ in alcuni punti che Lei,temo, volesse poetici si limita ad essere scarsamente comprensibile…)da far si che un pensatore medio o un giornalista almeno professionale, abbia istintivamente a sdegno il proseguir la lettura.

    Terzo: perchè Lei, lungo praticamente tutto il suo scritto, non capisce che ogni contenitore incide sul contenuto: la rubrica “L’antitaliano” di Bocca non era lo spazio per la critica politica che Lei invece pretende! Se mai era lo spazio per considerazioni e critica Sociale. In realtà lei critica l’incriticabile: critica che non vi sia un “alta critica Politica” nella rubrica di Bocca, spazio in cui l’alta critica politica non puo’ risiedere.
    E’ come dire che un vino Barolo non è abbastanza dissetante.

    Quarto: alla seguente Sua frase:
    “Che vuole che mi interessi, caro Giorgio, se Berlusconi Le è antipatico e se fisicamente non è il suo tipo! Non è certo bello Prodi, né suscita miglior sintonia. Se dovessi votare solo in base a quanto Lei scrive, sceglierei chi Lei offende!”
    Lei, sinceramente, cosa si aspettava di sentirsi rispondere?! O meglio, una persona sana di mente ad una frase del genere cosa puo’ replicare?! Se è elegante, tale persona, puo’ omettere una risposta.

    Quinto: perchè Lei, piu’ volte, mette sul piatto di una Sua personalissima bilancia Berlusconi ( che Bocca nell’articolo da lei criticato, cita ) e Prodi ( che Bocca nell’articolo da lei criticato, NON cita nemmeno per sbaglio ).
    Lei scrive : Infine, Lei preferisce un falso sincero o un sincero falso? Berlusconi (sinceramente falso) o Prodi (falsamente sincero)? Io uno schietto sincero, ma dove lo trovo?
    Anche a questa Sua frase, un sano di mente che deve rispondere??!!
    Io, parafrasando Lei stesso posso buttare lì un : “Che vuole che mi interessi, caro Amato Maria di cosa preferisce Lei?!?

    Sesto (e ben piu’ grave del resto ) perchè il tono paternalistico che Lei tiene in tutta la lettera passa il segno nel finale: Lei ha la faccia tosta di scrivere “Coraggio, si ispiri alla “serietà”, come suggerisce lo slogan che Lei sostiene”
    Coraggio!! A Giorgio Bocca…???! Serietà!!!!! A BOCCA????
    Ma Lei, Amato Maria, e’ sicuro?
    Ha dormito bene dopo aver scritto ‘sta roba?!
    Non Le si è palesato in sogno, al capezzale, il fantasma di Nanni Moretti che Le rilegge cio’ che ha scritto!?

    La saluto, sinceramente, con scarsa stima e lasciando poco spazio all’ipotesi che Lei ne recuperi.

    Cristiano Noci

    1. Innanzi tutto le faccio notare che, per quanto la mia lettera non sia degna di risposta, lei comunque “risponde”, perché evidentemente partecipa democraticamente alla discussione e perché mostra l’educazione di ribattere; cose che a suo tempo Giorgio Bocca non “si degnò” di manifestare. Io stesso le rispondo, nonostante le sue critiche non proprio delicatissime (che dire del suo sospetto di insania mentale?), perché qualcuno mi ha insegnato che è corretto replicare a chi ti rivolge la parola…

      Per quanto concerne la mia “prosa bolsa”, o “poetica”, o addirittura incomprensibile, non so con che spirito abbia letto, gentile signore, le mie righe. L’ha infastidita la reminiscenza classica degli angiporti? o è stato disturbato dai “frateschi e inquietanti sospiri tenebrosi” riferiti al Professor Prodi, espressione che per sua stessa natura avrebbe dovuto avvertirla delle mie intenzioni sarcastiche? o cos’altro? E in che modo può dimostrare che la struttura dei miei periodi mancherebbe di chiarezza? Dia magari uno sguardo attento alla sua, di prosa, che mi sembra talvolta fare la scimmia allo stile ottocentesco (“abbia a sdegno il proseguir la lettura”…).

      Mi avverte poi che la rubrica di Bocca non era “politica”, ma sociale. Sì, forse politica non era, ma partitica… Nel caso specifico le pare suggerire un problema sociale l’allusione del titolo a un “finale di regime”? La mia ignoranza, caro signore, ha letto nello scritto di Bocca una fiera, irrispettosa, dozzinale critica di carattere partitico, dove si parla di poteri, di capitalismo, di lotta di classe, di Duce e di Bombacci, di mussolinismo e di berlusconismo, di eredi di Salò, di campagna elettorale isterica… Lei capisce che di fronte a certe argomentazioni quanto meno è lecito il fraintendimento. “Il contenitore che incide sul contenuto” è qui piuttosto un contenitore svuotato delle sue caratteristiche o un contenuto che trabocca ignorando le peculiarità del recipiente, un contenuto che va fuori tema, insomma.

      Non capisco per niente, poi, perché le sembrino “insane” le mie seguenti considerazioni, che pienamente ribadisco: “Che vuole che mi interessi, caro Giorgio, se Berlusconi Le è antipatico e se fisicamente non è il suo tipo! Non è certo bello Prodi, né suscita miglior sintonia. Se dovessi votare solo in base a quanto Lei scrive, sceglierei chi Lei offende!”. Mi chiedo: lei ha compreso quello che intendevo dire?

      Ancora: Bocca non cita Prodi “nemmeno per sbaglio”… Perché avrebbe dovuto citarlo nella sua aggressione di parte?
      E ancora: “Che vuole che mi interessi, caro Amato Maria di cosa preferisce Lei?!?”, afferma nel suo commento. Allora perché si affanna tanto a sostituirsi a Bocca per spiegarmi le ragioni di una mancata risposta? Che cosa vuole che mi interessi di come lei preferirebbe che io avessi scritto? Questo però non è il mio pensiero, ma solo un dialettico modo di restituirle qualche sua non rara, marcata indelicatezza (“con scarsa stima”).

      Perché infine si meraviglia della mia esortazione di incoraggiamento rivolta “nientemeno” che a Bocca? Di più coraggio avrebbe avuto certamente bisogno, l’incongruente giornalista, nei suoi percorsi altalenanti che lo portarono dal fascismo razzistico alla rossa intransigenza (ma forse la coerenza sta nel fatto che gli estremi si toccano…).

      Con questo, caro signore, penso di averle detto tutto, ma non posso congedarmi da lei senza precisare un concetto che ritengo basilare: o si fa giornalismo o propaganda, o giornalismo o rotocalco pettegolo. Se l’Antitaliano voleva essere giornalismo, ebbene, spesso era proprio da “piccola penna”, da interprete dei bassi livori popolari più che da imparziale critico, di questioni politiche o sociali che lei dir voglia.

      Il commiato se lo scelga: a me non va di disistimarla perché non è d’accordo con me.

  2. egr. sig. Bernabei,

    premetto che alcune Sue considerazioni sul mio precedente intervento provengono da una Sua cattiva o disattenta lettura delle mie righe: l’insano non è Lei ma una ipotetica persona che avesse risposto ad alcune delle Sue domande.
    cito per ulteriore chiarezza le mie frasi che Lei non ha capito:
    “Lei, sinceramente, cosa si aspettava di sentirsi rispondere?! O meglio, una persona sana di mente, ad una frase del genere, cosa puo’ replicare?!”
    “Anche a questa Sua frase, un sano di mente che deve rispondere??!!”

    Tengo a precisare che ho omesso nel mio precedente intervento, qualsiasi mia considerazione/opinione sulla Sua persona, perchè, francamente, non ne ho. Alcune invece me le sono permesse sui concetti da Lei espressi e sulla Sua prosa, visto che essa e’, per il fatto di essere qui pubblicata, pubblica.

    Lo spirito con cui leggo è sempre il medesimo: tentare di capire.

    La Sua prosa a me pare bolsa istintivamente.
    Avevo aggiunto che i contenuti di alcune parti mi parevano demagogici e per questi motivi supponevo ( sarcasticamente ) che Bocca non Le avesse risposto.
    Definivo la Sua prosa scarsamente comprensibile non come dice Lei, incomprensibile tout court, per l’uso poco coretto della punteggiatura ( la virgola non va dopo “certo”, altrimenti quella che segue viene intesa come una frase incidentale, mentre non puo’ essere così dal momento che il soggetto della frase seguente è sempre “la politica”; i punti di sospensione indicano una frase non conclusa, un’esitazione o un accenno lasciato volutamente indefinito mentre Lei, il concetto, lo conclude; inoltre le suggerisco l’uso dei due punti in certi casi). A complicare il tutto vi sono frasi tra parentesi che fanno, semplicemente, perdere il filo logico del discorso a chi legge.

    La Mia Prosa, è mediocre e fa sicuramente il verso a tante cose, anche a quella ottocentesca, volontariamente, ma me ne faccio un baffo, non essendo io un professionista della scrittura.

    Proseguendo, rispondo alla Sua domanda ( Nel caso specifico le pare suggerire un problema sociale l’allusione del titolo a un “finale di regime”?): si mi pare suggerire esattamente questo, dal momento che tale regime, essendo durato 17 anni, è penetrato in ogni parte della cultura e della società, vedi modifica dei valori ( bandana, lifting, veline, calciatori, grande fratello, tacchi… ).
    Il regime a cui si riferisce spesso Bocca, era un regime Culturale, un sistema di valori che sostituiva Raffaella Carrà con Elisabetta Canalis. Rispetto sinceramente la Sua intelligenza e non approfondisco queste considerazioni che credo Lei ben comprenda.

    Infine, non mi “sostituisco a Bocca” nel risponderLe e nemmeno lo faccio perchè “partecipo democraticamente alla discussione” o “perché mostro l’educazione di ribattere” , lo faccio solo perchè, leggendo quello che aveva scritto, mi sono irritato e, avendo un po’ di tempo libero, ho voluto “sfogarmi” rispondendo a quelle che considero opinioni irritanti e non condivisibili.

    Alla fine, Lei, conclude la Sua risposta al mio intervento con le seguenti frasi:
    “o si fa giornalismo o propaganda, o giornalismo o rotocalco pettegolo. Se l’Antitaliano voleva essere giornalismo, ebbene, spesso era proprio da “piccola penna”, da interprete dei bassi livori popolari più che da imparziale critico, di questioni politiche o sociali che lei dir voglia.

    Lungi da me volerLe fare una lezione sul suo mestiere ma, credo, Lei confonda “giornalismo” con “cronaca”. Lei mi pare vorrebbe un giornalismo asettico, lontano dalle proprie idee o dai propri giudizi. Vale per il giornalismo di cronaca, non per la critica o anche solo l’analisi sociale. Lo ribadisco perentoriamente: Bocca non usava l’Antitaliano come momento dedicato alla cronaca dei fatti, ma alla sua personalissima analisi. L’Antitaliano infatti e’ lui stesso. Se Lei lo vuole accettare, bene, altrimenti non penso sarà mai possibile per Lei fare una seria critica all’Antitaliano di Bocca.

    Non capisco poi perche’ se Bocca diceva bianco lei doveva immediatamente votare o propendere per il nero.

    Per finire, il LIVORE popolare non è MAI basso. MI creda. Anzi, spesso, è altissimo.

    il commiato che scelgo è il seguente:
    non stimo le Sue opinioni, direi che Lei non stima le mie. Entrambi sopravviveremo beatamente comunque.

    C.N.

    1. Egregio Signor Cristiano Noci,
      le garantisco che avevo letto con molta attenzione il suo commento e che solo la logica, la rigorosa logica, mi aveva indotto a concludere che, se un individuo è insano per il solo fatto di rispondere a una determinata domanda, tanto più folli devono essere il quesito e, di conseguenza, chi l’ha posto.
      Lei dichiara, poi, di aver omesso nel suo scritto qualsiasi riferimento alla mia persona, ma la semplice disistima espressa, non rivolta dichiaratamente alle mie opinioni, la contraddice.
      Scendendo sul piano della scrittura e della lingua, per quanto riguarda l’aggettivo “bolso” devo farle notare almeno la doppia accezione di fiacco e di tronfio: dovrebbe chiarirmi il perché del primo o di entrambi gli “apprezzamenti” rivolti al mio stile, a mio avviso non condivisibili. Nemmeno posso accettare il riferimento alla demagogia del mio pensiero: per nessun motivo ho interesse alla propaganda o alla lusinga nei confronti del popolo, cose che a ben guardare dovevano premere proprio a Giorgio Bocca. In relazione alla punteggiatura lasci stare: è così ricca di sfumature da non essere attributo per tutte le penne. Stia pur sicuro che, se dopo l’avverbio “certo” ho posto una virgola, c’era una precisa ragione che non era quella di avviare un’incidentale, ma di isolare e rafforzare un’affermazione, come si usa dopo un sì o, se preferisce, un “d’accordo”, dando all’avverbio il vigore di una frase ellittica: “Certo, la politica dovrebbe…”. Senza virgola cambia tutto, non si accorge? “Certo la politica dovrebbe…” è un’esclusione di dubbio, un constatare di fatto. Si ricordi, per continuare, che i punti di sospensione indicano anche richiami non contenuti nel pensiero concluso, o allusioni non meglio dichiarate. Le parentesi che mi rimprovera sono volutamente usate in un solo passo, con scopo iterativo e dialettico, per sottolineare criticamente, con interrogativi interposti, le affermazioni in sequenza disgiuntiva; avrebbero potuto essere omesse solo le prime “(sia pure in maniera…)”, sostituite magari da virgole. I due punti, infine, mi piacciono al momento giusto, non quando decidono gli altri. La punteggiatura, insomma, risponde a criteri soggettivi, per dare al discorso una cadenza piuttosto che un’altra, e solo in casi eclatanti deve seguire norme imprescindibili, per evitare equivoci clamorosi, come quello del famoso “Ibis, redibis, non morieris in bello”, anziché “Ibis, redibis non, morieris in bello”. Se lei non è professionista della scrittura forse dovrebbe evitare di eccepire su quella altrui.
      Resto del mio parere per quanto concerne la natura politica (anzi, partitica) del pezzo di Giorgio Bocca, benché il confine con quella “sociale” sia talvolta labile.
      La pretesa di imparzialità che io avanzavo nei confronti del giornalismo è di carattere deontologico: pensi a un giornalista sportivo che non riconosca la bontà di una prestazione agonistica solo per motivi di parte; o pensi a Tacito, che per faziosità ha consegnato alla Storia un profilo corrotto, non rispondente al reale, dell’imperatore Nerone. Evidente che nessuno può accantonare le proprie convinzioni, ma l’intelligenza, il senso critico, la buona fede, riescono a vedere più luce anche con lenti scurissime. Non confondevo, dunque, la critica o l’analisi con la cronaca. Del resto anche questa la malafede può alterare.
      Non condivido infine il riscatto del livore, anche perché io non affermavo che quello popolare è basso perché tale, ma che ne esiste di basso, e che proprio quello, Bocca, mi sembrava assecondare. Ammesso e non concesso che mai possa esserci una forma “altissima” di rancore, se questo non sia stato da lei confuso con quel profondo sentimento di rivalsa che spinge i popoli alla rivendicazione dei propri diritti.

      Siamo obiettivamente su rive assai distanti. Non per questo dobbiamo elemosinare stima per la rispettiva sponda: sopravvivremo comunque.

  3. Egregio signor Bernabei Amato Maria,

    ho pensato, non troppo a lungo, se ribattere punto su punto, se ribattere ai soli punti ( tanti ) che non condivido, o se lasciar perdere.
    Propendo per il lasciar perdere.
    Rilevo solo che la punteggiatura nella Sua ultima risposta è oltremodo corretta e la prosa chiara e scorrevole. Non Bolsa. “Bolsa” in tutte le accezioni e sfumature che il dizionario Le suggerisce.
    L’attenzione fa piu’ della classe spesso.
    A tal proposito, per chiudere la polemica, ormai divenuta di puntiglio piu’ che di contenuti, in maniera “allegra”, le segnalo l’uso del termine “bolsa” legato alla prosa nel film di Scola ” La cena “. La battuta è di Gassman.

    Con immensa stima per Giorgio Bocca,
    La saluto definitivamente.

    C.N.
    non professionista della scrittura.

    1. Egregio Signor Cristiano Noci,
      ognuno stima chi vuole, evidentemente, e non posso dunque impedirle di apprezzare Bocca. Mi permetto tuttavia di ricordarle un passo di altri tempi, scritto di pugno dal suo beniamino: “Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?”. Non commento.
      Penso anch’io che a questo punto possiamo concludere il “dibattito”, anche se devo avvertirla che io scrivo quasi sempre rapidamente e di getto e non ho bisogno di porre nessuna particolare attenzione alla struttura delle mie risposte. Classe o non classe (grazie comunque per l’apprezzamento) resta pur sempre chi sa scrivere e chi non sa farlo, senza nessuna allusione specifica. E grazie per aver quanto meno stuzzicato il mio spirito polemico.
      Con immensa stima per i grandi scrittori e per le persone vere, quelle ricche di conoscenza, di buoni sentimenti, di coerenza.

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