Che si sia quasi sempre pensato ai settori della Cultura e dei Beni Culturali come ad ambiti da finanziare e non come a straordinarie “riserve industriali”, è paradosso difficilmente comprensibile. Probabilmente è più facile rimanere passivi e lamentarsi delle mancate assistenze che rimboccarsi le maniche e far funzionare un’azienda. L’articolo che riportiamo, a firma di Fabrizio Paladini, dimostra come sia possibile invertire una tendenza assai sterile, se non addirittura dannosa, trasformandola in attitudine altamente produttiva. 

Venezia. Investire in cultura senza abbeverarsi alla mammella dello Stato
Fabrizio Paladini
Panorama 28/4/2011

È possibile e succede a Venezia, dove un patrimonio pubblico difficile da gestire è diventato modello di business da imitare.

“Taglia e cuci: se da una parte lo Stato riduce drasticamente i soldi destinati alla cultura, dall’altra c’è chi scopre il circuito virtuoso del business culturale. Non mi dai più denaro per organizzare una grande mostra, per mantenere il museo, per pagare il personale e tenere linde le vetrate? No problem, ci pensiamo da soli, facciamo tutto noi e, alla fine dei conti, ci scappa pure qualche centinaio di migliaia di euro da reinvestire l’anno prossimo. Manager prestati all’arte che gestiscono un gigantesco patrimonio artistico pubblico come se fosse un’azienda privata. Il miracolo avviene a Venezia, dove non c’è voglia né tempo (tanto sarebbe tempo sprecato) per piangere sui tagli e dove invece la propensione al cucito, cioè a risolvere i problemi rimboccandosi le maniche, è elevata. La Fondazione dei musei civici raccoglie 11 fra i più importanti e ammirati palazzi della città. Tra questi il Palazzo Ducale, il Museo Correr, Palazzo Fortuny, Ca’ Rezzonico, Ca’ Pesaro, fino ai musei del vetro a Murano e del merletto a Burano. Un circuito che chiama ogni anno più di 2 milioni di visitatori e fa entrare nelle casse un tesoretto di oltre 20 milioni di euro. La fondazione amministra e gestisce quelli che una volta erano i musei comunali. Fu l’ex sindaco Massimo Cacciari a chiamare nel 2008 alla presidenza il manager veneziano Sandro Parenzo (fra l’altro editore di Telelombardia e Antenna 3) per lo sviluppo degli 11 palazzi storici con un nuovo mandato: l’azienda culturale deve essere autosufficiente e non pesare sulle spalle della amministrazione. Il comune ha messo 500 mila Euro di capitale iniziale e un palazzo, Ca’ Corner della Regina, che gioca una parte interessante nel nuovo corso di gestione. A Parenzo (dopo una breve e non esaltante parentesi affidata al britannico David Landau, che si è dimesso dopo appena tre mesi per contrasti con Giandomenico Romanelli, direttore della fondazione) è succeduto a fine 2010 Walter Hartsarich, manager della comunicazione e professore di storia dell’arte. II consiglio d’amministrazione è snello: oltre a Hartsarich, il vicepresidente è il sindaco Giorgio Orsoni e poi ci sono tre consiglieri (il finanziere Alvise Alverà, l’architetto argentino Emilio Ambasz e il presidente del Banco popolare di Verona, Carlo Fratta Pasini). È proprio Hartsarich che spiega il miracolo veneziano: «Partiamo dal 2010 che ha segnato una bella inversione di tendenza rispetto al terribile 2009. Abbiamo fatturato 20,4 milioni di euro, di cui 16 con la biglietteria (2.005.861 visitatori con un 7,5 per cento rispetto al 2009, ndr) e quasi 2 con le sponsorizzazioni. Per il prossimo triennio contiamo di chiudere il 2013 con quasi 25,3 milioni di fatturato, di cui 22,3 dai biglietti e 3 da merchandising e altre nuove leve economiche». Ma la sorpresa potrebbe venire da aziende private interessate a legare il proprio nome con l’immagine di Venezia. Già oggi la fondazione ha 1,4 milioni di euro da sponsorizzazioni. La parte del leone la fa l’Eni con 1 milione, ma il progetto punta ad allargare il numero dei mecenati. Dice ancora Hartsarich: «Il mio obiettivo è quello di costituire nel tempo una specie di Club dei dieci, per ricordare il consultorio dei dogi. Un pool di imprese (oltre all’Eni penso a End, Finmeccanica, Fiat, Ferrovie dello Stato, magari un paio di banche, una casa editrice) che leghino il proprio marchio alle tante iniziative di sviluppo e alle mostre che abbiamo messo in cantiere per i prossimi tre anni. Dalle sponsorizzazioni credo che potremmo ottenere altri 3 milioni di euro nel 2013 così da arrivare a 28 milioni, con un incremento di oltre il 40 per cento. Bei numeri, no?». Oggi c’è già un’altra voce anomala di questo business. La Fondazione Prada ha preso in affitto per sei anni Ca’ Corner della Regina, un palazzo vicino a Ca’ Pesaro che si affaccia sul Canal Grande. Patrizio Bertelli paga 950 mila euro l’anno (compresi però i lavori di restauro che dureranno ancora un paio d’anni) e in cambio ospiterà nel palazzo, che fu prima monte di pietà e poi archivio della Biennale, mostre già da giugno, quando apriranno pianoterra e primo piano, un po’ come fa François Pinault (anche se lui Palazzo Grassi l’ha comprato). Oltre ai biglietti (è previsto un aumento di circa 1 Euro per l’ingresso a tutti i musei) e alle sponsorizzazioni, il management della fondazione si sta muovendo per aumentare le entrate. Spiega Mattia Agnetti, segretario organizzativo: «Innanzitutto dobbiamo puntare sul merchandising. Al Louvre la vendita di libri, poster quaderni, tazze e magliette rappresenta il 40 per cento dell’intero fatturato, mentre a Londra è possibile che l’ingresso al British Museum sia gratuito proprio perché il merchandising va fortissimo. Pensiamo a sviluppare una linea d’abbigliamento e già sono stati realizzati degli stivali griffati per l’acqua alta. Un altro fronte è quello del sito internet, fonte sicura di reddito. Poi faremo opera di persuasione su tutti quelli che non vengono a Venezia ma si fermano a villeggiare nelle zone marine come Iesolo, Bibione, Lignano Sabbiadoro o in quelle termali come Abano. Parliamo di 4,5 milioni di persone che potrebbero essere stimolate a venire in giornata, magari predisponendo bus o navi, a vedere i musei veneziani». Per avere un’idea del movimento che Venezia sopporta, ogni anno pernottano tra il centro storico e Mestre 3,5 milioni di turisti e altri 10 milioni sono quelli del «mordi e fuggi», che visitano cioè il centro storico e ripartono in giornata. Ovvio che una moltitudine di 18 milioni di persone (contando anche quelli di spiagge e terme) rappresenti un’opportunità che qualsiasi azienda non può e non deve trascurare, figuriamoci quella che vende la merce veneziana più appetibile, l’arte e la storia. Intanto, fra poco più di un mese, si apre l’edizione numero 54 della Biennale e i musei che fanno parte della fondazione presenteranno mostre che già fanno discutere, come quella di Julian Schnabel al Museo Correr. Schnabel, newyorkese, è sia acclamato regista cinematografico (il suo Lo scafandro e la farfalla è stato premiato a Cannes nel 2007 come migliore regia) sia pittore e scultore ispirato a Jackson Pollock e Cy TWombly. La mostra presenta oltre 40 opere che ripercorrono la carriera di Schnabel dagli anni 70 a oggi e viene allestita (tanto per tornare agli sponsor) con il contributo decisivo della Bnl Paribas e della Maybach, azienda tedesca che produce auto di lusso. Oltre a Schnabel (atteso con la sua compagna, la giornalista araboisraeliana Rula Jebreal), tra le cose più importanti ci sarà una mostra di 20 installazioni di Bang X Ball distribuite sui tre piani del Museo del Settecento veneziano Ca’ Rezzonico, le stoffe di Ruth Adler, artista e architetto tedesca, a Palazzo Mocenigo, e le opere di Pier Paolo Calzolari a Ca’ Pesaro. Ma un’azienda che vuole produrre aumenti di fatturato e generare utili (anche se nel caso della fondazione la parola utili è inopportuna, in quanto tutto ciò che avanza viene reinvestito) deve anche aggiornare e migliorare la merce che vende. L’idea è quella di allargarsi ancora, recuperare spazi, collegare siti in modo che Venezia si trasformi in un unico grande museo. Il primo intervento sarà nell’Area Marciana, ovvero quella a ridosso di piazza San Marco. Dice Giandomenico Romanelli, storico dell’arte e direttore della fondazione «Il Museo Correr ripescherà i suoi spazi dimenticati come il giardino reale. Oggi il museo è separato dal giardino da un canale, ma c’è un ponte levatoio rimasto alzato dagli anni 60. Vogliamo riaprire questo collegamento e creare un percorso dello sguardo che arrivi fino a piazza San Marco. Una prospettiva unica in cui i turisti potranno vedere dal giardino reale alla piazza, un po’ come avviene per le Tuileries a Parigi». Cambierà qualcosa a Palazzo Ducale, dove arriverà l’esposizione dedicata alla storia del funzionamento dello stato veneziano, al Museo di storia naturale una sezione nuova sarà il Museo della laguna, con tanto di vaporetto a disposizione delle scolaresche per visite guidate, il Museo del vetro di Murano raddoppierà gli spazi, al Correr arriverà la mostra permanente dedicata al mare, al Fortuny sarà recuperato il sottotetto e aumenterà così lo spazio espositivo. Infine le grandi mostre da allestire a Venezia: Claude Monet da inizio 2012 e Antonio Canova un anno dopo al Correr, Venezia e l’Egitto a Palazzo Ducale alla fine del 2011, Francesco Guardi a Ca’ Rezzonico a fine 2012. E quelle da esportare a settembre in Giappone Ritratto di Venezia, 260 pezzi compreso Le due dame del Carpaccio, in tour in sei città del Sol Levante. E subito dopo una mostra su Marco Polo in Germania e altri paesi del Nord Europa. Non male per quello che era un patrimonio di difficile gestione pubblica diventato un esempio di produttività. Senza un licenziamento e senza un solo lavoratore precario: tutti i 400 dipendenti delle cooperative dell’indotto, come guardiani, biglietterie, pulizie sono assunti a tempo indeterminato. Stessa cosa per i 70 della fondazione, di cui la metà sono giovanissimi e neoassunti. Una bella squadra, che gioca in attacco per la difesa del bello” (Fabrizio Paladini).

http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=84715

A cura di Amato Maria Bernabei

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