autrice di “Cronache della città capovolta”

“Il suo ultimo romanzo, l’incantevole e raffinato Cronache della città capovolta, ha un’ambientazione storica molto precisa e dettagliata (il periodo che va dalla seconda metà del Settecento ai primi decenni dell’Ottocento) ma una collocazione geografica fittizia (il Granducato di Mensuria). Tuttavia, quest’im-maginaria terra è un simbolo: quella “incostante zolla di terra” che diventa preziosa scacchiera negli equilibri di potere tra gli Stati limitrofi richiama alla mente le tante nazioni che hanno subito, subiscono o subiranno, nel corso della Storia, un identico destino”.

___________________________

Tratto da 

http://www.ilmiogiornale.org/intervista-ad-adele-costanzo/

___________________________

Come i lettori più affezionati sanno, il nostro giornale è particolarmente interessato ai volti nuovi, in politica come nell’arte o in qualunque altro settore, perché – solitamente – si tratta di persone che non hanno voce o non ne hanno a sufficienza. Per questo abbiamo incontrato per voi Adele Costanzo,  scrittrice che solo da qualche anno ha fatto il suo ingresso nel “mondo ufficiale dell’editoria”.

Il suo ultimo romanzo, l’incantevole e raffinato Cronache della città capovolta, ha un’ambientazione storica molto precisa e dettagliata (il periodo che va dalla seconda metà del Settecento ai primi decenni dell’Ottocento) ma una collocazione geografica fittizia (il Granducato di Mensuria). Tuttavia, quest’immaginaria terra è un simbolo: quella “incostante zolla di terra” che diventa preziosa scacchiera negli equilibri di potere tra gli Stati limitrofi richiama alla mente le tante nazioni che hanno subito, subiscono o subiranno, nel corso della Storia, un identico destino. Non solo, le sue vicende sono metafora universale di ciò che da sempre accade in ogni luogo: la sorte rimescola continuamente le carte per tutti (uomini, animali e natura tutta), provocando continui cambiamenti che lasciano segni impercettibili ma indelebili.

–          I tuoi scritti sono un bell’esempio di eleganza, soprattutto quando parli d’amore, con quel pizzico di erotismo sottile e – direi – pudico. Nella società di oggi c’è dunque ancora posto per il buon gusto?

Direi di sì, dal momento che non sei la prima che nota ed apprezza questo modo, come dire, allusivo e discreto di riferirsi all’erotismo. A volte gli autori, anche quelli poco noti o, come si dice oggi, emergenti, hanno un approccio troppo diretto e realistico nei confronti della sessualità, ma non solo, e lo fanno perché pensano di andare incontro ai gusti del pubblico, di essere maggiormente apprezzati. Invece io penso che nel descrivere momenti di erotismo, in particolare, un autore debba lasciar spazio all’immaginazione, a ciò che è sottinteso.

–          La fugacità dei piaceri terreni, la mutevolezza delle gerarchie sociali e politiche, la miopia dei potenti e delle masse, l’assurdità della guerra, il relativismo delle opinioni, il piacere perverso della maldicenza, il potere del denaro, il controllo dell’informazione, la forza del pregiudizio … sono tutti temi presenti nel tuo romanzo e tutt’altro che “superati”. Quanto può aiutare, secondo te,  lo studio delle materie umanistiche (peraltro “bistrattate” dalle ultime riforme scolastiche) e, in particolare, della storia ad interpretare il presente e a prefigurarsi il futuro?

Le materie umanistiche, le letterature, la filosofia, la storia, la storia dell’arte costituiscono, a mio avviso, un patrimonio inestimabile non solo di conoscenze, ma di sapere critico. Il sapere critico è quello che fornisce gli strumenti per poter guardare all’esistente non come ad un qualcosa di dato, di immodificabile, ma come ad un prodotto di scelte operate in passato. Senza questo sguardo, questa consapevolezza, nessun futuro è progettabile, o ri – progettabile. Esse affinano lo sguardo, consentono di guardare in profondità, Inoltre, in un contesto socio culturale dominato dal cattivo gusto e da una perdita del senso del bello, lo studio delle materie umanistiche consente quella frequentazione della bellezza a cui non è possibile rinunciare.

–          Il tuo stile raffinato è arricchito da una vena di ironia, talvolta anche pungente: è sbagliato leggere un sagace riferimento alla nostra attualità in quel “Si potrebbe tentare la sorte […] in Italia, ma […] dicono che lì vi siano più istrioni che abitanti”?

–          Sì, è così. Mensuria, città immaginaria posta, però, in un punto preciso d’Europa e raccontata in un’epoca storica ben determinata è, come è stato detto, “ un non luogo” . Il non luogo è un posto in cui accadono le stesse cose che accadono ovunque. Ad esempio, possono accadervi dei disastri naturali che distruggono interi quartieri e può accadere che politici e imprenditori di pochi scrupoli gestiscano la ricostruzione. In pratica, ho tentato di fare un’operazione che contamina storia, fiaba e attualità.

–          Sei un’amante degli animali e non a caso uno dei capitoli più toccanti è quello dedicato al cane Messidoro. Tra gli animalisti, però, vi sono delle frange estremiste che per difendere le bestiole indifese sono pronti a fare del male ai propri simili: cosa pensi di questi eccessi?

Nel mio romanzo gli animali sono visti spesso in contrapposizione agli uomini, come portatori di vitalità, come possessori di quella grande dote, che abbiamo perduto, di vivere istante per istante. Hanno un rapporto sereno con il tempo e non temono la morte anche se sanno morire, come Messidoro, con estrema dignità. Amano in modo assoluto e disinteressato, si abbandonano al gioco. Interagiscono tra loro in modo immediato  e diretto, senza sovrastrutture. Non considero, però, l’amore per gli animali come alternativo a quello per gli uomini. Mi piace pensare ad un mondo in cui il rispetto per ogni vivente diventi un valore universale.

–          Per concludere, torniamo alla tua carriera di artista. Hai alle spalle una raccolta di racconti, ora hai scritto un romanzo, ma ti diletti anche a scrivere versi: a quando un tuo libro di poesie?

Le poesie costituiscono per me delle esperienze marginali, quasi sempre sono dettate da emozioni contingenti, spesso dolorose. Dalla perdita o dalla mancanza. La narrazione invece è un qualcosa che mi appartiene più stabilmente e che mi dà la possibilità di superare la dimensione autobiografica. Nessun volume di poesia in vista, dunque!

Dal nostro giornale un augurio ad Adele, affinché possa avere una lunga e onorata carriera,  e un consiglio ai nostri lettori: non lasciatevi sfuggire quest’opera perché non solo difende quel grande valore che è la cultura, ma essa stessa dimostra quali splendide cose si possano realizzare se ci si fa illuminare da “il sole della conoscenza, coi suoi raggi lunghi e generosi”.

Per saperne di più su Cronache della città capovolta:

http://perronelab.it/node/657
http://www.ibs.it/code/9788863162073/costanzo-adele/cronache-della-citt-agrave-capovolta.html

http://dettaglitv.com/?p=3105

_________________________________

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *