L’Editore Arduino Sacco di Roma ha pubblicato in questi giorni il Saggio “O Dante o Benigni“, di Amato Maria Bernabei.

Attraverso uno stile urente, quasi sempre sarcasticamente polemico, il trattato dimostra in modo puntualmente documentato (un CD ricco di riferimenti audio è allegato, in omaggio, al volume) il clamoroso bluff delle esegesi dantesche del comico toscano, analizzando soprattutto la performance televisiva del 29 Novembre 2007, pomposamente presentata e poi esaltata dal circo mediatico quale straordinario evento culturale.

Emergono dalla trattazione, in modo inequivocabile, le gravi lacune di competenza specifica da parte del “genio” di Misericordia, che finisce per apparire, più che un benemerito della conoscen-za, uno dei più vistosi esponenti dell’inarrestabile “divulgazione dell’ignoranza” di cui è responsa-bile la cultura dei mass media!

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O Dante o Benigni muove da un ideale di riscatto nei confronti di un mondo che guarda ormai soprattutto ai beni materiali (a disposizione di un numero sempre più ristretto di “fortunati”) a scapito dei valori autentici. Il Saggio colpisce l’emblema più appariscente di una modalità che spesso assegna prestigio a chi non lo merita in forza delle sue attitudini a creare volume di affari. Roberto Benigni, ad un’attenta analisi, risulta assolutamente inadeguato a rivestire il ruolo di luminare della cultura. Non sembra infatti che egli disponga di un sapere fondato su solide basi acquisite attraverso un idoneo percorso di studi: il diploma tecnico (segretario d’azienda) da lui conseguito, non prevede competenze umanistiche elevate, non contemplando discipline come il Latino, il Greco, la Filosofia, o l’approfondita palestra della lingua, anche tramite l’assimilazione delle correnti e degli autori delle Letterature classiche. Tutti prerequisiti indispensabili per potersi dedicare ad un’interpretazione seria e credibile di un testo come quello della Divina Commedia. Né, come risulta evidente, il comico toscano ha potuto dedicare gran tempo al “recupero”, impegnato da prestissimo e costantemente nella vita dello spettacolo, che poco spazio concede ad iniziative autodidattiche miranti a colmare certe lacune di preparazione. Senza contare che chi sale in bicicletta in tenera età impara presto a pedalare con sicurezza e chi afferra per la prima volta il manubrio a vent’anni difficilmente riuscirà ad essere provetto ciclista…

Inutile, dunque, pretendere che Benigni sappia fare il Professore in una materia tanto ardua, se non addirittura ostica, come il Poema dell’Alighieri. In ogni caso la responsabilità della consacrazione in questa veste e del successo del malsano Tutto Dante non è imputabile a lui: anzi, bisogna riconoscere che l’attore ha saputo sfruttare nel migliore dei modi la tendenza che porta sugli altari chi è capace, a prescindere dalle competenze che possiede o che millanta, di trasformarsi in una macchina da soldi o in un simbolo di comodo per ammucchiare denaro o per innalzare un vessillo. La colpa delle devastanti operazioni di corruzione che la civiltà dei mass media promuove, alimenta e culla, sta semplicemente nel cinismo dei suoi operatori e nella pigra cecità del pubblico. L’azione dei “distributori di sonnifero” e le masse addormentate sconvolgono i parametri di valutazione, che si legano esclusivamente alla popolarità, alla visibilità, al clamore, al prestigio… aspetti che oggi hanno poco a che fare con la conoscenza e con la buona qualità. Perciò quello che fino a qualche decennio fa era impensabile, assurdo, accade, con il plauso della folla: Benigni è filosofo, filologo, psicologo, dottore in Lettere e in Arti della comunicazione, candidato al Nobel per la Letteratura, solamente per aver imparato a memoria, anche maluccio, circa duemila versi della Commedia ed aver sedotto le piazze con falsificazioni e interpretazioni infondate e ciarlatane del pensiero di Dante e della Religione cristiana, in una lingua da alfabetizzare e con schemi di ragionamento privi di nessi.

Se tutto ciò non è grave, allora tutto è permesso.

Il Saggio O Dante o Benigni cerca semplicemente di togliere la maschera a mistificazioni del genere.

               Conduce perciò un’accesa polemica nei confronti dei trionfi “letterari” di Roberto Benigni. Benché sferzante e fitto di accuse, esso per nessun motivo si rivolge alla persona, ma intende piuttosto colpire con severità, attraverso critiche ed asserzioni sempre documentate, l’immagine più eclatante di una cultura offesa e impoverita da perverse logiche di mercato, tese, come si è detto, a creare miti inconsistenti e deleteri, strumenti occulti di una “divulgazione d’ignoranza” premiata e consacrata. Attraverso il Saggio l’autore si fa interprete di un pensiero lontano, che dopo oltre settecento anni conserva una sbalorditiva attualità. In una lettera a Giovanni Boccaccio, del 1359, Francesco Petrarca spiega infatti di avere abbandonato la poesia in volgare per non essere “maltrattato”, come è accaduto all’Alighieri, dal popolo ignorante ed ottuso: “…questi sciocchi lodatori i quali non sanno mai perché lodano né perché biasimano, e infliggendogli (si riferisce a Dante) la più grave ingiuria che si possa recare ai poeti sciupano e guastano, recitandoli, i suoi versi, del che io, se non fossi così occupato, farei clamorosa vendetta. Non posso invece se non lamentarmi e disgustarmi che il volto della sua poesia venga imbrattato e sputacchiato dalle loro bocche”. A Benigni si rinfacciano dunque l’insolenza di un’esegesi priva dell’indispensabile corredo di conoscenze e l’uso indebito di uno dei massimi capolavori del genio umano; la pretestuosità di una divulgazione “culturale” che diventa inevitabilmente propagazione di somaraggine per la banale, improbabile, sconclusionata interpretazione della Commedia, per le profananti “prediche” religiose che perfino quelli che dovrebbero essere garanti del pensiero cristiano accolgono come lezioni di Teologia, per i distorti ammaestramenti di vita spacciati per insegnamenti evangelici, per le irriguardose “letture” del Testo Sacro che paiono scavalcare le consolidate ermeneutiche degli imprimatur. Alla “critica” predominante e al cassone di risonanza mediatica si addossa la responsabilità degli avalli ignobili, reiterati, che magnificano le precarie conoscenze, addirittura le incompetenze, e tutti i prodotti ad esse legati, per operazioni commerciali, prima che culturali, con danno irreparabile per il sapere. Nella fattispecie si tenta di combattere un ingenerato abbaglio, che giustifica l’ingiustificabile alla luce di argomentazioni di precaria fondatezza, per cui Benigni sarebbe un benefattore dell’umanità per aver avvicinato tutti a Dante, per averne recuperato il valore, l’ammirazione e il desiderio, mistificando così i risultati della diffusione di un devastante travisamento della Commedia e del suo autore, per cui le immortali terzine sarebbero testo “popolare”, pane per tutti i denti, cibo per ogni mensa, magari per truogoli, e tutto direbbero di tutto, fuorché ciò che realmente dicono. E passi che l’emorroissa e Cristo siano accostati a Paolo e Francesca e che un episodio di fede diventi spettacolare “parabola” d’Amore! Passi che le colpe punite diventino espressioni di martirio e di santità, che i due cognati amanti siano smerciati come modelli di sublimi sentimenti, laddove Dante, commosso di accorata comprensione per l’umana debolezza, ne fa semplicemente esempio di lussurioso cedimento adulterino, da cui il lettore tragga motivo di ravvedimento e di salvezza; passi che San Tommaso e Sant’Agostino, o lo stesso Dante, dicano e scrivano quello che non hanno mai scritto né detto. Passino infine le irripetibili oscenità e la satira politica di parte spacciate per commenti all’opera dantesca, passino la lingua da illetterato e l’eloquio convulso e farfugliato, e tutto venga invece vergognosamente remunerato, dalle casse del profitto senza scrupoli e senza pudore, e celebrato come grande cultura.

Di questo si occupa il trattato, che si compone di un canto “dantesco” introduttivo (“XXXV” dell’Inferno, dove il comico è punito come “traditore della cultura” con un fiero contrappasso); della trascrizione completa e puntuale, senza correzioni o edulcorazioni, della performance televisiva del 29 Novembre 2007, corredata di numerose annotazioni che evidenziano l’imperizia e la trivialità del superpagato “critico” (fino a 260 Euro al secondo!), compresa l’intera “esegesi Benignesca” del V Canto dell’Inferno, ricca di postille impietose (un CD con esaurienti e dettagliati documenti audio accompagna lo scritto, già ricco di rinvii alla Rete); di una breve sezione, dedicata alla “teologia” di Benigni, relativa al XXXIII Canto del Paradiso; dell’ampia documentazione, raccolta in Rete, del fanatismo mitizzante, seguita da un elenco di “voci controcorrente” (a partire da quella di Zeffirelli); di una nuova, sorprendente, interpretazione del verso “amor ch’a nullo amato amar perdona”, che confuta quella tradizionale che da più di sette secoli sembra offendere l’intelligenza dell’Alighieri; dell’analisi della scadente capacità versificatoria di Benigni; di una satira conclusiva, in ottave (192 endecasillabi), in cui mordacemente si condannano l’operazione di mercato del novello Alighieri e la complicità di quanti lo assecondano, soprattutto della RAI, che nel 2007 ha sperperato 7.500.000 Euro per il ritorno in TV della Grande Cultura (2.500.000 Euro per la sola prima puntata di Tutto Dante).

Il Saggio, tardivo rispetto all’avvenimento trattato – per la difficoltà incontrata ad essere pubblicato, non certo in relazione alle tematiche affrontate -, è comunque arricchito, in appendice, da una polemica recensione della recente, acclamata “interpretazione critica” dell’Inno di Mameli.

Per tutto questo siamo convinti che esso merita di essere letto. 

 Amato Maria Bernabei

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N.B. Il volume, di circa 350 pagine, può essere ordinato presso qualunque libreria o rivolgendosi direttamente all’Editore Arduino Sacco (06.4510237) richiedendo:

“O Dante o Benigni” di Amato Maria Bernabei.

http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=666

Si tengano presenti anche i distributori online, come

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19 thoughts on ““O Dante o Benigni”, un libro imperdibile!

  1. Pubblico un commento ricevuto ieri:

    08/11/2011 at 10:12 am
    …Bravo, mille volte bravo… Amato Maria Bernabei…!
    Meriti un grande applauso per la tua opera… ed io te lo indirizzo.
    Vorrei dirti tante cose, ma mi astengo per non farti perdere troppo tempo. Comprerò decine dei tuoi “O Dante o Benigni” che regalerò a chi ama ancora la buona cultura e la ‘vera’ Divina Commedia.
    Dio ti conservi a lungo…
    Ciao.
    Filippo Bonifacio – Torino.

  2. Luciano De Crescenzo in un suo libro dice una cosa del genere “mi piace pensare che i miei testi siano stati la scaletta a tre gradini in biblioteca che ha consentito al pubblico di accedere ai libri più in alto”. Questo secondo me vale anche per Benigni. Questi grandi comunicatori permettono al grande pubblico di intuire la grandezza di grandi opere attraverso un percorso semplice e piacevole, spingendoli ad approfondire le tematiche su testi più accurati che altrimenti non avrebbero mai cercato.
    Ci guadagnano? Buon per loro. Non credo che il sig Amato Maria Bernabei i libri li scriva per hobby.

    1. Fra Luciano De Crescenzo e Benigni c’è un abisso: Il primo ha delle competenze che il secondo può sognare e che sostituisce con le “frottole di successo”, le quali non possono essere gradini per accedere a nessun livello di cultura, ma per scendere a livelli più bassi di conoscenza. Dante non è poeta popolare e senza una preparazione solida non si può affrontarlo. Chi si illuda di avere avuto accesso alla Commedia attraverso le corbellerie di Benigni, rimarrà prigioniero della propria illusione. Per quanto concerne i profitti spropositati e immorali che si ricavano da certe operazioni di mercato, le lascio il diritto di connivenza. Per quanto riguarda me, anche se le sembrerà impossibile, io scrivo per il gusto di farlo e per comunicare: non ho mai ricavato nulla dalle mie opere. Se dovesse succedere, mi servirei del guadagno e della visibilità per condurre la mia battaglia culturale.
      Grazie comunque per il contributo.

  3. Salve, preciso che sono un grande appassionato di letteratura ed in particolare un grande amante della Divina Commedia. Forse è vero che Benigni non ha conseguito studi appropriati tali da poter disquisire adeguatamente di Dante e della sua opera, tuttavia NON credo affatto che egli faccia ciò per motivi di “spettacolo” o di ” audience”. Piuttosto percepisco grande amore,commozione e una fiamma che pervade Benigni quando parla della somma opera. Personalmente preferisco meno una spiegazione tecnica accurata e fredda, che una spiegazione più o meno banale, o fittizia ma che deriva direttamente dall’anima di chi ne tratta.
    La poesia deve trasmettere, e Benigni riesce a trasmettere emozioni.
    Cordiali saluti.

    1. Gentilissimo Salvatore Caronia, l’equivoco è proprio nel fatto che si scambiano le emozioni che Benigni riesce a suscitare (se non ne fosse capace non sarebbe nemmeno un buon attore) per “fiamma” di passione e di poesia, per buona conoscenza dell’argomento trattato, per capacità didattiche inusitate. Le cifre milionarie che il comico pretende per le sue performance dantesche sono di per sé la chiara rivelazione del tipo di amore che l’attore nutre… non per la letteratura e per Dante (se così fosse sarebbe ben più preparato e non divulgherebbe tutte le dimostrabili corbellerie che propina sull’opera somma dell’Alighieri e non solo) ma per il vile denaro. Un vero amore non può essere superficiale e irrispettoso: non si possono perfino storpiare i versi di Dante, dare interpretazioni fasulle del suo pensiero, citare a sproposito le fonti della Commedia. Provi a leggere con attenzione e senza pregiudizi il libro “O Dante o Benigni” e forse le sarà più chiaro il motivo della mia accanita e severa contestazione. Grazie per il cortese contributo che ha voluto dare alla discussione.

  4. Salve,parlo da uomo del popolo,che poco ha potuto studiare a scuola,ma che sta cercando di recuperare in tarda età.Rispetto il pensiero di chi come l autore del suddetto libro(letto,ritenuto interessante ma per certi versi carico di spocchiosa chiusezza)o come lei si frgiano della loro cultura per reguardire chi commette imprecisione nelle esegesi…ma non mi trovo d accordo nella vostra battaglia,che ha storia lontana per esempio basti pensare ad un altra opera maestosa come la bibbia,che invece di essere trattata come bene dell umanità fu conservata dalla curia…manipolata ed usata per i loro scopi(anche economici),per concludere,l esegesi dantesca di benigni non mi sembra un grosso crimine visto che il piccolo bagaglio dell artista toscano non rovina il cuore dell esecuzione che è la “commedia”stessa…lasciando magari il desiderio a chi non ha mai toccato un libro,mentre sembra(anche se non sarà così)che voi letterati siate un pó invidiosi di un successo,da voi mai raggiunto…ripeto è una considerazione che trova posto nel mio campo e mi sembra di vedere anche qui.
    Sono Excutive Chef e mi imbatto in tantissimi miei colleghi(moltissimi italiani)che criticano aspramente famosi chef che ora hanno successo mediatico,solo per una compravata invidia.esempio Gordon Ramsay,che anche con i suoi tanto ristoranti e tante stelle Michelin,solo per il fatto di fare la pasta al rugo con le polpette viene denigrato a uomo di spettacolo(anche lui è autodidattA)ma avendolo conosciuto e assaggiato e visto lavorare,posso solo dire sia un mostro…spero di esser stato capace dj mostrare il mio pensiero che era sconnessimo nella testa…saluti ed auguri.

    1. Gentilissimo, come può esistere invidia da parte di chi non ha successo nei confronti di chi invece lo consegue, forse altrettanto essa può generarsi da parte di chi non ha cultura nei confronti di chi la possiede, al punto da considerare spocchioso chi semplicemente, con le sue conoscenze e con il suo linguaggio, studia, presenta e discute determinate questioni, siano esse letterarie, scientifiche, filosofiche. Se un meccanico senza alcuna predisposizione per la cucina volesse improvvisarsi cuoco, lei capisce bene che le vivande da lui imbandite lascerebbero certamente a desiderare. Benigni fa proprio questo: da attore comico e con scarse conoscenze di letteratura, e non solo, si improvvisa esegeta… Può ugualmente immaginare, caro Manuel, che cosa ne scaturisce. “L’artista toscano” riesce dunque a rovinare proprio “il cuore” della Commedia, che è davvero un’altra cosa rispetto a quello che lui presenta. Il libro “O Dante o Benigni”, di cui io stesso sono l’autore, come si può arguire dalla firma, conduce una battaglia contro questo genere di mistificazione, reclamando, nella sostanza e sinteticamente, che ognuno faccia il mestiere che gli compete. Per quanto riguarda il successo, preferisco non averne piuttosto che guadagnarlo da spogliarellista (si fa per dire) o da fanfarone. Certo umilia che possa essere considerato genio e pagato milioni chi genio non è e milioni non vale, mentre il valore sommerso troppo spesso rimane nell’ombra, con grave danno per tutti. La colpa è della “ragion di mercato”, che innalza ciò che dà profitto e deprime tutto quello che “non si vende”, poco preoccupandosi di educare e solo interessata ad incassare. Per questo la invito a rileggere il Saggio con altro animo, per poterne comprendere appieno lo spirito e magari finire per condividerne la lotta. Le garantisco, infine, che non ho alcuna invidia nei confronti di Benigni, che spesso, invece, mi muove sinceramente a compassione… Per quanto riguarda la Bibbia, distinguerei il fenomeno delle interpretazioni di “verità rivelate”, di dogmi religiosi, che danno un potere sconfinato a chi se ne decreta detentore, dalle ricerche filologiche di carattere letterario riservate a poeti e scrittori: gli studiosi di letteratura cercano di penetrare nelle qualità e nel pensiero di un autore, non di decifrare i messaggi segreti di un Dio!

  5. Sfortunatamente vengo a conoscenza solo adesso del saggio, che non esiterò a comprare non appena mi si presenterà l’occasione (ovvero, non appena il gelo e la neve mi permetteranno nuovamente di mettere il naso fuori casa).
    Ho 24 anni, e la mia passione per Dante nasce circa 15 anni fa, quando un cugino mi passò un libro che a lui non piaceva, in cui si racconta in estrema sintesi il viaggio di Dante. Un libro per bambini, s’intende, il cui linguaggio semplice e scorrevole accompagnava il lettore fino all’Empireo, tralasciando ovviamente quelle tematiche e quei luoghi dell’Opera che non sono certo avvicinabili da un pubblico “dai 9 ai 13 anni”. Ma fu sicuramente un incentivo ad approfondire la mia conoscenza del Poema, che cominciai a leggere non appena voltai l’ultima pagina del prezioso libriccino. Ovviamente me ne innamorai.
    Quando esplose questo fenomeno del “Tutto Dante” non potevo che esserne felice: Benigni, un attore che mi piaceva particolarmente, portava in televisione nientemeno che l’adorato Dante! Che gioia!
    Ma “tosto tornò in pianto” il mio entusiasmo. Non era certo l’analisi che mi aspettavo, anzi, mi lasciò un certo senso di amarezza, anche se le mie conoscenze non erano certo sufficienti per individuarne la causa.
    Ora che sto studiando e approfondendo il tema in tutte le sue sfaccettature, ora che possiedo almeno una parte della conoscenza necessaria ad un’analisi piuttosto profonda “de li versi strani”, mi rendo conto di qual è stato il problema, anzi, i problemi di fondo: come ha brillantemente sottolineato Lei, il primo di questi è senza dubbio il tentativo di rendere fruibile alla massa impreparata un’Opera che richiede anni di studio per essere anche solo avvicinata (e lo dico con cognizione di causa), tramite un attore che (per quanto mi piaccia in quasiasi altro ruolo) si dimostra quantomeno indegno di recitare i versi di Dante, fosse anche “solo” per le lacune filosofiche, teologiche, linguistiche e letterarie che si porta dietro. E, secondo il mio modestissimo e opinabilissimo parere, è qui che sorge l’altro problema, che non sta tanto nella persona di Benigni, ma in chi l’ha messo lì, pagandolo ed esaltandolo: la Comedìa, semplicemente, non può essere traslata in un format televisivo. Ci vorrebbe un programma di ore per analizzarne degnamente anche un solo canto, e se questo non è fattibile, allora sarebbe meglio che nulla venga fatto, perché altrimenti ci si limita a galleggiare nell’agghiacciante condizione odierna, nella quale siamo esperti in tutto e buoni a nulla, senza neanche cercare di nuotare.
    Mi dispiace, questo con Dante non deve accadere: è terrificante vedere nelle librerie “Il Mio Dante” assieme a saggi di Auerbach, Contini e Parodi. Ed è ancor più terrificante vedere la gente scorrere i titoli e poi afferrare compiaciute quel libro: tanto varrebbe che leggessero direttamente il libriccino che ho letto tanti anni fa, al quale l’interpretazione pseudo-esegetica di Benigni somiglia terribilmente.
    E, per inciso, credo sia preferibile la “spocchiosità” dell’acculturato alla sfacciata immodestia del bibliofilo della domenica, che pretende che ogni cosa venga abbassata al proprio livello.
    Concludendo, questo mio commento voleva essere un “grazie” per ciò che ha scritto su questo sito e per quello che ancora devo leggere, ma non ho potuto fare a meno di dire la mia. Come al solito.

    Diletta – Bologna.

    1. Non può che fare piacere immenso incontrare lungo il sentiero che si percorre qualche avveduto compagno di viaggio. Farò della sua replica un “post”. Grazie.

  6. Ma se qualcuno cerca di avvicinare la gente, ammaliata ormai da grande fratello e altre realtà distorte, alla letteratura che male c’è? La cultura non può essere relegata ai soli ricchi, solo a chi la cultura se la può permettere (perché oggi è così) non ci vedo nulla di male se Dante viene presentato in una veste più semplice per TUTTI. Vedo nel suo discorso, Sr Bernabei, un pizzico di egoismo e invidia, secondo il mio modesto parere. Saluti

    1. Gentile Federica, qui non si tratta di egoismo o di invidia, ma di indignazione. Lei avrebbe pienamente ragione se Benigni cercasse di avvicinare la gente alla cultura. Purtroppo il comico toscano cerca di… avvicinare il denaro alle sue tasche allontanando la cultura dalla gente, perché non ha competenza e va “insegnando” cose a dir poco assurde su Dante, sulla Commedia e su tutte le discipline che ruotano loro intorno, deformando in certi casi gli stessi versi che recita. Benigni ha raffazzonato una preparazione molto precaria per allestire uno spettacolo assai lucroso, senza rispetto per Dante, per la cultura, per la gente. Questo è il motivo della mia ribellione. E si ricordi che Dante “per tutti” non esiste, anche se questo le può sembrare inaccettabile.

  7. Salve, premetto che non ho letto il libro, ma venuto a conoscenza di quest’argomento mi sono molto incuriosito e ho letto con attenzione alcuni dei suoi commenti. Volevo domandarle: se per assurdo Benigni avesse svolto questo lavoro di “rilettura” e di “reinterpretazione” della Divina Commedia gratis, senza nessun guadagno economico, sarebbe stato secondo lei così oltraggioso e così infangante per la cultura e per Dante, oppure la sua sarebbe stata solo una libera, benché errata interpretazione?

    1. Gentilissimo lettore, io credo che, data la notorietà di cui Benigni gode, certamente egli avrebbe arrecato a Dante e alla cultura uguale oltraggio. Chi diventa “mito” per la gente, acquista una forza e una credibilità che richiedono un uso quanto mai equilibrato della propria immagine, quando questa venga legata a una qualsiasi delicata operazione. Il fatto che poi Benigni abbia dimostrato anche, o forse solo, un grande attaccamento al denaro, da pretendere e da ottenere somme spropositate e offensive, non fa che appesantire la sua deprecabile iniziativa. Questo è quanto a me sembra.

  8. Premetto che non ho avuto modo di leggere il suo libro, e se dovessi mai farlo sarebbe solamente per curiosità, perchè è bene aprire sempre i nostri orizzonti verso idee diverse e discutibili (cosa che lei non mi pare stia facendo, ma questa è solo una mia ipotesi da confermare).
    Ho ventitrè anni, sono giovane e sicuramente inesperta, ma studio. Studio parecchio e, guarda caso, studio le materie giuste per avere qualche strumento in mano che mi faccia comprendere e rispondere adeguatamente a quanto ho letto sopra. Ho perso qualche diottria e interminabili nottate su edizioni critiche, esegesi, manoscritti in versione digitale e stemma codicum della Commedia. Conosco perfettamente Auerbach, e non solo per ciò che riguarda Dante. Dietro lo schermo del mio pc c’è una stampa del XXVI canto dell’Inferno che mi ricorda, proprio ora, che non siamo nati per vivere come bruti. Basterebbe solamente il ricordo di quella terzina per rendersi conto che forse di Dante (e della Letteratura, della Storia, dell’Arte, della Cultura in generale) non dovrebbero parlare solo gli addetti ai lavori, gli stessi adetti ai lavori che poi si lamentano del degrado della nostra società, della televisione che trasmette solo Uomini e Donne o chissà che altra fesseria, e allora perchè lamentarsi poi se un uomo, anche se non preparato a dovere, infarina un po’ le persone, il pubblico, con un argomento alto? Con un discorso che tocca veramente le menti, gli animi? Roberto Benigni è un uomo carico di vitalità, di energia, di spirito e di sentimenti. Sentimenti! Vitalità! Chi non ha un fuoco sacro o una cultura adeguata per avvicinarsi a Dante, vede nel Poeta solamente un mattone spaventoso, che ricorda nient’altro che le ore scolastiche e le torture delle interrogazioni. La Commedia è un universo, un viaggio interminabile, una continua rivelazione, un continuo percorso di studio e di ricerca erudita, è vero! In che modo questo dovrebbe escludere la possibilità che un uomo di spettacolo con una invidiabile (sentimento che a lei non credo sia sconosciuto) scintilla vitale e interesse per Dante, possa parlarne, trasmettere questa passione alla gente, alla gente in carne ed ossa? Le persone si avvicinano al mondo di Dante attraverso un’emozione, non attraverso una critica, si svegliano attraverso una risata, un applauso lungo venti minuti, non certo grazie a pungenti affermazioni di studiosi impolverati che vivono sepolti nelle biblioteche. Non le sembra un buon modo per vivere o per cominciare ad imparare? Beh, è così! E meno male! Benigni non è un professore, Benigni non conosce tutto ciò che serve sapere riguardo a Dante, questa consapevolezza si trasforma in un adirato diritto di gridargli: “taci”? Mah… La cultura muore quando diventa autoreferenziale e chiusa nei salottini degli intellettuali, e la cultura è vita, Dante è vita, Benigni ci ha ricordato che era un uomo, che andava in bagno anche lui, che magari s’è alzato dal tavolino con le mani lorde di inchiostro, o con i crampi, per andare a bere un goccio di vino, questo i professori non lo dicono, ed è il primissimo passo per amarlo, per arrivare ad Auerbach, agli stemma codicum. Non mi dilungo oltre, spero di aver reso qualche idea, neppure rileggo il commento che ho scritto, è stato un flusso di coscienza!

    1. Gentilissima Silvia, sono proprio le persone in buona fede come lei che, anziché placare, aumentano la mia stizza nei confronti di chi si “serve” in modo pretestuoso di un’opera d’arte per allestire uno spettacolino per le allodole e costruire un business spaventoso. L’amore di Benigni è soprattutto per il denaro. Ho detto tante volte che se il comico amasse Dante lo rispetterebbe e non si permetterebbe di raccontare tante frottole. Ognuno faccia il suo mestiere: se Benigni avesse solo recitato l’Alighieri, senza pretendere di farne l’esegesi, non avrei avuto nulla da dire. Mi intenda: io sono professore di Lettere e non mi passa nemmeno per la testa di mettermi a divulgare la Chimica, magari sproloquiando sulle formule e raccontando alla gente che la molecola dell’acqua ha tre atomi di idrogeno e due di ossigeno! Questa sarebbe divulgazione d’ignoranza, non certo sollecitazione al sapere. Benigni non si permetta dunque di fare il Professore, qualunque giustificazione si voglia addurre per sostenerne la dannosa causa. La Divina Commedia non diventa più comprensibile, o addirittura poema popolare, solo perché Benigni ci fa “capire” che Dante “andava in bagno anche lui”. Sulla pia illusione che è possibile avvicinare tutti alla Commedia e trasformarla da “mattone spaventoso” in poema “comico” o in caricatura appetibile, mi permetta di sorridere amaramente e di dissentire fermamente. Tanti oggetti d’insegnamento sono ostici e opprimenti: non per questo devono essere affidati a pagliacci improvvisatori, per risvegliare per essi l’amore e l’interesse… Benigni ha creato una confusione tremenda, mischiando ignoranza palese e pretesa cultura, partiti e letteratura, volgarità e millantata poesia. Non a caso nel corso di un Festival sanremese prima si esibisce nella presa dei testicoli di Baudo e poco dopo si abbandona all’orazione di San Bernardo “Vergine madre, figlia del tuo figlio”, quasi attraverso un ossimoro della scaltrezza, dell’inganno, della derisione, della spudoratezza, della losca strategia commerciale che trama di “vendere” al depravato ed al Santo! Non ci sono alibi per operazioni del genere, cara signorina. Visto che ama leggere, io le consiglio davvero di procurarsi il saggio “O Dante o Benigni” e di meditarlo con attenzione. Poi riparleremo dell’argomento. Per ora ribadisco il mio grido “taci” contro chi bestemmia Dante. La ringrazio per il suo sincero spunto critico e per aver ricordato a chi ci legge che non siamo nati per vivere come bruti, “ma per seguir virtute e canoscenza”, io le aggiungo, conoscenza, dunque, non l’ignoranza che Benigni divulga.
      Se ha voglia dia pure un’occhiata al sito http://www.odanteobenigni.it

  9. Sono capitata per puro caso su questa pagina.
    Perdonate la mia sfacciataggine nell’osar fare commenti su un testo che ancora non ho letto e che acquisterò di sicuro il prima possibile.
    Vorrei solo dire, a difesa di un poeta che mi ha toccato il cuore e la mente, e a sostegno di un comico che reputo senza dubbio un personaggio di cultura, che affermando l’impotenza di Benigni davanti ad un testo che si pone a partire dal linguaggio utilizzato, lo scopo che coinvolgere TUTTO il genere umano, in chiave cristiana, sotto ogni aspetto dei suoi vizi e debolezze, viene meno il grande messaggio che la Divina Commedia nasconde in sé.
    Inviterei a giudicare quindi la semplicità con la quale il comico aspone il testo, non come un insulto all’opera stessa, ma come un’omaggio alla grandezza del poeta di Firenze, ed un modo per stimolare attraverso un MOVERE tutto fatto di sorrisi, quella commovente curiosità che ci appartiene.

    1. Gentile Francesca (spero sia questo il suo nome), qui non si tratta di criticare la “semplicità” di Benigni, ma la sua presunzione, se mai, che pretende di spiegare ciò che non conosce, divulgando imprecisioni e corbellerie storiche, filosofiche, teologiche, letterarie ecc. con pretese economiche offensive (15.000 Euro al minuto!). Sicché Benigni non risulta proprio un “personaggio” colto, ma un furbacchione che sfrutta l’ignoranza dei più e la complicità di chi con lui ricava profitti. Il saggio “O Dante o Benigni” mette in evidenza proprio questo grave aspetto dell’operazione intrapresa dal comico toscano, che dovrebbe al massimo ‘recitare’ Dante (magari con più precisione, visto che riesce anche a deformare i versi) e continuare a fare il comico, invece di vestire i panni del dantista e ricevere vergognose onorificenze e sperticate lodi. Per meglio comprendere quanto le vado esponendo provi a leggere con attenzione, ascoltando i documenti proposti, la scheda al link http://www.odanteobenigni.it/?p=1382 e poi visiti il sito. Per l’acquisto del libro le consiglio di telefonare direttamente all’Editore Arduino Sacco al numero 06.4510237.

  10. Sentite a parte gli scherzi, ho 15 anni e non mi riesce scrivere da professori come voi, ma dopo aver letto tutti i commenti mi viene in mente solo una cosa che adesso vi racconterò. Ho iniziato quest’anno a studiare Dante a scuola, il mio prof è abbastanza in gamba e generalmente vado bene in italiano. E’ agosto quindi non mi ricordo un fico secco di quello che ho studiato quest’inverno (non mi ricordo nemmeno che ho mangiato a pranzo figuriamoci) ma l’unica cosa che mi ricordo è che la Divina Commedia era un vero libro per tutti, insomma si mettevano in piazza e lo leggevano al popolo, ai veri ignorantoni, altro che Benigni, era scritto in toscano perchè tutti lo potessero capire altrimenti sarebbe stato un altro noioso saggio in latino di cui detto in maniera molto scurrile \" Dante ne aveva le palle piene \". Insomma secondo me non serve l’ingegnere della letteratura per spiegarlo, si capisce benissimo così com’è e se non fosse scritto in italiano medievale anche i bambini potrebbero capirlo. Dante Alighieri ha scritto un libro per il popolo, nella lingua del popolo, che veniva letto al popolo non a tutti gli intellettuali della sua epoca sennò non sarebbe passato alla storia. Quindi in conclusione chi cavolo se ne frega delle fonti, dei riferimenti religiosi, delle figure retoriche, della provenienza greco latina della parola e sopratutto almeno Benigni ha fatto qualcosa, c’ha provato a divulgare la cultura anche se male. Voi intellettuali di oggi invece state a lamentarvi e a scrivere i vostri libricini su come la società è corrotta ed è malata nei vostri loft super arredati e pronti a criticare i minimi errori di tutti.

    1. Cara Studentessa,
      grazie intanto per avere espresso la tua opinione.
      Purtroppo devo smentire quello che dici sulla Commedia, specialmente quando affermi che Dante “l’ha scritta in toscano perché tutti potessero capirla” e che “si capisce benissimo così com’è”.
      1) Se quello che dici è vero, perché Benigni la “spiega”, storpiandola, fra l’altro? Gli basterebbe leggerla, tanto tutti la capirebbero “benissimo”, visto che la lingua che Dante usa (quella che tu chiami “italiano medievale”) è vicinissima a quella che parliamo oggi (neologismi esclusi). Non è capitato infatti all’Italiano, in 750 anni, quello che è accaduto alla lingua di Shakespeare, modificatasi quasi radicalmente nel giro di mezzo millennio.
      2) Non so dove tu abbia appreso la nozione che vuole la lingua di Dante “accessibile a tutti”! Hai studiato il De Vulgari Eloquentia? Se sì, ti avranno spiegato che l’opera, scritta in Latino fra il 1304 e il 1308, è un trattato rivolto ai letterati di professione, di estrazione borghese (non proprio adatta, dunque, alla tradizione popolare) e vuole definire un idioma volgare che possa conseguire un’alta dignità letteraria, elevandosi al di sopra delle varie parlate regionali e sottraendosi all’egemonia del Latino. L’Alighieri ha dunque teorizzato (e successivamente usato) un “volgare” letterario, aristocratico, non alla portata del popolo e degli ignoranti. Scrive l’illustre critico Natalino Sapegno: “L’errore di Dante nel De vulgari eloquentia è di aver sentito la coscienza dell’arte in modo così forte da sopravvalutarla, trascurando o deprimendo l’uso comune, parlato e non letterario, della lingua”. Scrive ancora il Sapegno: “Il De vulgari eloquentia è l’affermazione teorica della nuova poesia italiana, poesia dotta ed aristocratica alla quale non possono salire se non quelli in cui sia ad un tempo incendio e scienza”.
      Come è nata allora la “barzelletta” che ti hanno raccontata e che tu riporti? ” Dante Alighieri ha scritto un libro per il popolo, nella lingua del popolo, che veniva letto al popolo non a tutti gli intellettuali della sua epoca sennò non sarebbe passato alla storia”. Dimentica corbellerie del genere e non ripeterle a nessuno che sappia qualcosa di letteratura: faresti una figuraccia!
      3) Uno dei danni peggiori prodotti da Benigni è la svalutazione dell’impegno, il solo che possa permettere di guadagnare conoscenza; di aver screditato quello che tu chiami ” fonti, riferimenti religiosi, figure retoriche, provenienza greco latina della parola”… Di aver svuotato il senso della ricerca e dello studio, di aver gettato comunque cattiva luce sugli studiosi a favore degli showmen, tirando parecchia acqua al proprio mulino: in tal modo lui con la sua incompetenza passa per qualificato dantista e incassa milioni di Euro, e gli studenti cadono nella trappola e pensano che tutto sia facile, accessibile, divertente, e che poco importi “lavorare”. Tu infatti concludi affermando “Voi intellettuali di oggi invece state a lamentarvi e a scrivere i vostri libricini su come la società è corrotta ed è malata nei vostri loft super arredati e pronti a criticare i minimi errori di tutti”.
      Dunque noi valiamo niente: scriviamo “libricini” e ci lamentiamo, mentre i ciarlatani godono di successo e di ricchezza, nonostante inquinino la cultura e la mente di tanti.
      Forse un giorno ti accorgerai di questa tua dannosa ingenuità…

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