…quello che un tempo era il Festival delle orchestre, delle voci e delle canzoni, che si esauriva in tre sobrie serate  riservate alla buona musica leggera, è diventato un elefantiaco contenitore di tutto…

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Per un Fabio Fazio qualunque che arricchirà del 50% i suoi già lauti compensi annui (due milioni di Euro, quasi 170.000 € al mese, che proprio il fazio-so Fazio non vale) e una trivialissima e sgraziata Littizzetto (chi non ha vera vis comica non può che ripiegare sulle sboccataggini) che raggranellerà la povera somma di circa mezzo milione di Euro (sia per la “comica” che per il conduttore-direttore artistico le cifre sono comprensive dei ricavi legati all’immagine prestata ai prodotti commerciali di turno), proprio rinuncerei – come faccio quasi sempre con le quasi sempre scadenti proposte televisive -, a sintonizzarmi su Sanremo; ma mi è stato gentilmente chiesto di dare qualche contributo critico, relativo all’ “evento”, su questo sito. Di conseguenza eccomi qui.

Cominciamo dalla parola evento, dal Latino eventus, nominalizzazione di evenire, cioè accadere: dovrebbe indicare semplicemente qualcosa che accade. Nella dimensione mediatica il termine ha tuttavia enfaticamente assunto il significato di rilevante avvenimento che suscita interesse ed ha vistosa risonanza. Per quanto riguarda Sanremo, l’enfasi, più che scaturire da una ragione storica, innegabile, è di natura… naturalmente commerciale. Non cade foglia che Mercato non voglia! (Proverbio di necessità aggiornato, in ossequio alla nuova divinità).

Commercio vuol dire, senza possibilità di equivoco, offerta che risponde a una domanda, la quale non può che essere presa in considerazione che in termini numerici. Per farla breve: Sanremo dev’essere disegnato a immagine e somiglianza del pubblico cui si rivolge, un pubblico di massa… ma i prodotti di massa potranno mai essere di qualità?

In realtà quello che un tempo era il Festival delle orchestre, delle voci e delle canzoni, che si esauriva in tre sobrie puntate riservate alla buona musica leggera, è diventato un elefantiaco contenitore di tutto, articolato in cinque interminabili serate (senza contare tutti gli appuntamenti che ruotano loro intorno, prima, durante e dopo la kermesse), un calderone in cui versare ogni ingrediente più “appetibile”, che appaghi il palato troppo spesso atrofico, non raramente atrofizzatosi, della moltitudine dei fantasmi che siederanno di fronte agli schermi, i volti lampeggianti per le fantasmagorie luminose che si rovesceranno dalle celle di gas del plasma o dai diodi.

Ciò che abbaglia offusca la vista, sicché fra papille inadeguate e pupille annebbiate, quale potrà mai essere e quanto potrà mai contare la valutazione dei milioni di utenti?

Si continua a ripetere che Sanremo è Sanremo: forse, ormai e purtroppo, Sanremo ERA Sanremo

Amato Maria Bernabei

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