Nel disfacimento della forma e dei contenuti,
anche per l’indiscriminato rifiuto della tradizione,
qualcuno preserva metri e moduli classici,
contribuendo così alla sopravvivenza di un genere in estinzione.
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STUPORE
Disancorata in porto ed errabonda,
la barca dondolava al chiar di luna.
E c’era un uomo chino, sulla duna,
che meditava di gettarsi all’onda.
Cozzando, a un tratto, il legno della prora
contro le rocce livide del molo,
un flutto si sfrangiò lavando il suolo,
che luccicò di siderale aurora.
Si scosse l’uomo e, in quel frangente arcano,
levò la testa e si stupì: “Che luna!”,
tergendosi gli spruzzi con la mano.
E il mar, che sugli scogli si frantuma,
tacque d’incanto. Un cùculo lontano
gli ricordò che il tempo si consuma.
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CHI M’HA INNALZATO?
Come la luna placida trapela
dagli arabeschi e dalle azzurre trine
e la battigia, all’umido confine,
fluorescente s’ammanta e si disvela,
l’arcana solitudine m’investe
e il ritmo della vita si rinserra,
mentre mi libro dall’impura terra,
su, dove spazia l’armonia celeste.
Ma, remigando per l’etereo velo,
pur m’arrovello: “Dove andrò? chi sono?
chi m’ha innalzato dalla sponda al cielo?
per scongelare l’interiore gelo,
vale il mio canto più dell’aspro tuono?…”.
NOVILUNIO
Non entra l’alba della luna nuova
nella calle dormiente. È una serena
notte fatta di niente; eppur mi giova
sintonizzare il cuor, che batte appena,
col respiro del mare. Alla dischiusa
in me rigenerata meraviglia,
scioglie un sommesso cantico la Musa,
che, variegando, all’iride somiglia.
Giallo: il fanciullo in me che si stupisce;
rosso: l’amor che sale e non tracima;
viola: un timor che increspa e non ferisce,
forgiando occultamente la mia rima.
Oh, se stanotte il lume non blandisce,
parmi la volta argentea più di prima!
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ALLA NOTTE
Quando vacilla l’ultimo barlume,
virginea spunterà l’erma Selene
e l’irrequieta mia ansia d’acume
si scioglierà nel cantico d’Irene.
Dolce sarà la notte e fluttuante
di diafane visioni: iridescente
il luogo, il sogno, il soffio dell’istante
e d’armonie si pascerà la mente.
Tu ti dipani in placida malia,
notte, che sgombri le tristezze umane
e riconduci sull’alterna via
chi si dibatte in labirinti e tane.
Per me sei polla viva di poesia;
ma quando sorge il dì, che mi rimane?
Enzo Ramazzina
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