Vecchioni, Benigni e… l’ignoranza degli Italiani

Quando “bussa” un compagno di viaggio nel pensiero, bisogna offrirgli ospitalità… E sulla Rete, di tanto in tanto il battente risuona, “risuona”, e non si può non aprire l’uscio: “Prego, Enrico Stinchelli…”.

Enrico Stinchelli

…e se avete dei  figli, fateli sguazzare nell’IGNORANZA!  (Totò)

«Singolare e sintomatico il caso Sanremo: la vittoria del “professor” Vecchioni e la massima audience, con plausi pressoché unanimi e al limite del parossismo, per Benigni in una nuova veste… quella appunto del “professor” Benigni, in qualche modo già sperimentata con le letture dantesche. Un certo sospetto lo si aveva da tempo: basta leggere, ascoltare un po’ di Tv o di radio, o semplicemente sentir parlare la gente, i ragazzi su un autobus. I reality come “Grande Fratello” , “Isola dei famosi” oltre a divertire (o ad annoiare, dipende) propongono uno spaccato terribile sulle condizioni di reale, certificata ignoranza che attanagliano la nostra società. Non sono soltanto le classi meno abbienti o i ragazzini a scuola che sguazzano nella beata ignoranza, ovviamente: accanto ai campioni dell’ “io speriamo che me la cavo” (cit. “La pioggia è benefica, perché fà parte del ciclo dell’acqua. Il mare bolle sotto i raggi del sole, e poi evaqua, e si trasforma in nuvole che si trasformano in pioggia”), piccolo capolavoro del 1992 di Lina Wertmueller, abbiamo il manager strapagato che incita a vincere come fece Napoleone a…Waterloo, abbiamo l’avvocato di nome che scrive “l’addove” , il politico secondo cui Darfùr vuol dire “Sbrigati” in dialetto, abbiamo a Sanremo Gianni Morandi che presenta un Coro “polìfono”. L’ignoranza dilaga. I dati ci inchiodano e pongono sul capo italico non tanto l’elmo di Scipio quanto le orecchie di somaro:

nel 1861, fresca di unità, l’Italia contava una media del 78% di analfabeti , con il massimo in Sardegna (91%), Calabria e Sicilia (90%).

nel 1951, dopo il censimento generale, gli analfabeti (coloro che non sapevano né leggere né scrivere) vennero suddivisi per regione: il 32% in Calabria, il 24 % in Sicilia, il 22% in Sardegna, il 24% in Puglia, il 29% in Basilicata, il 2% in Lombardia, il 10% nel Lazio, il 7% nel Veneto, il 3% in Piemonte, l’1 % in Trentino.

Nel 2005, una ricerca dell’UNLA (Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo) certifica che quasi 6 milioni di italiani sono totalmente analfabeti, cioé il 12% della popolazione contro il 7,5% di laureati, quindi l’Italia è l’ultimo tra i 30 paesi più istruiti.

       Una recente inchiesta , pubblicata sul Corriere della sera (6 settembre 2008), ha rivelato che la percentuale tra analfabeti ed “incolti” in Italia è del 36,5 % sulla popolazione totale. Dati realmente impressionanti: in Italia vi sono, dunque, circa 20 milioni di ignoranti.

     Insomma, abbiamo 6 milioni di analfabeti totali e 20 milioni di ignoranti! 

La scuola e le famiglie cosa fanno?

Si respira un po’ ovunque un’aria malsana di rassegnazione, di stanchezza: le scuole, come diceva Bene, sono il ritrovo degli scioperati, di chi ha tempo da perdere, di chi non va a imparare nulla perché “non desidera” farlo. E le famiglie si schierano compatte a favore dei loro ignorantissimi pargoli e dei loro terrificanti modelli.

Sostituita l’aula scolastica con lo schermo al plasma, ecco fiorire le grandi, nuove cattedre.

Un po’ tutti  vi salgono sopra: ricordando  solo en passant il professor Cutolo e Alberto Manzi  (“Non è  mai  troppo tardi”  il titolo  emblematico della  sua  rubrica  nei lontanissimi anni Sessanta), tra i primissimi nuovi  professori fu Piero Angela, il megadivulgatore galattico, prima speaker del Tg1 poi improvvisamente trasforma-tosi in un misto tra il Professor Balthazar e Pico della Mirandola, capace di intrattenerci sulla scimmia urlatrice di Palenque come di entrare all’interno di un vaso sanguigno e descriverci piastrine e globuli. Sulla scìa di Angela sono apparsi professori, professorini e professorucci un po’ ovunque. Ricordo un’ossessiva presenza del professor Zichichi, l’ “Einstein de noantri”,  che si ostinava a descrivere l’atomo alle casalinghe assise di fronte al video durante “Domenica In”, felici di sentirsi anche loro un po’ “divulgate” , tra una sculettata di Nadia Cassini e un acuto di Al Bano. “Cuore”, il geniale settimanale satirico, dedicò a Zichichi un memorabile servizio dal titolo “Vita e opere di Antonino Zichichi, vescovo e martire”.

Con l’avvento delle Tv private i professori si sono spalmati su un’area più vasta sostituendo spesso i comici: pensiamo ai sessuologi del Costanzo Show, l’ineffabile Willy Pasini altrimenti detto Coito Ergo Sum, che esplora la vagina come uno speleologo le Grotte di Postumia, il professor Crepet, che da Cogne ad Avetrana percorre i sentieri contorti della umana psiche con la stessa disinvoltura di un funambolo del Circo Orfei, pensiamo ai criminologi che ci accompagnano per mano tra mostri e mostruosità come in un orrifico Luna Park, o ai dietologi che impongono dogmi alimentari spesso fantascientifici, alcuni dei quali rasentando il delirio (Rosanna Lambertucci e le sue ricette).

Persino la Musica, l’Opera… (materia ormai riservata a una élite di iniziati, un club di carbonari che si dà convegno nelle ore dei nittalopi) ha avuto il suo aedo: il melodioso Baricco, che maniche rimboccate ti raccontava la storia di “un uomo… una donna…” laddove l’uomo era Rodolfo e la donna Mimì, o l’uomo Tristano e la donna Isotta…., con i  toni  e l’arte affabulatoria di una buona zia piemontese. Salvo, poi, anni dopo, proporre la chiusura dei teatri e la destinazione alla scuola dei soldi destinati ai medesimi: la nonna che si trasforma in lupo… già visto.

La nouvelle vague propone, poi, un modello ancor più inquietante, della serie “C’era una volta…”. La cara nonnina “tritticata” dalla sedia a dondolo ha oggi le fattezze di Saviano, che ci racconta mafia e camorra come fossero Cappuccetto rosso o Raperonzolo. Lunghe pause, occhi rivolti al cielo, look studiatissimo e immutabile da universitario fuori corso. Cosa dice Saviano, cosa ci insegna? Cose che i telegiornali ci ammanniscono ogni giorno, a fasi alterne, salvo che non si occupino del più divertente e succulento Ruby Gate. Avete fatto caso? Da quando è esploso lo scandalo di Hard(ar)core di mafia e camorra…nemmeno più l’ombra.

Dopo i professori che fanno i comici, abbiamo poi i comici che fanno i professori.

Il primo fu Grillo, che si fece le ossa con la divertente serie “Te la do io…” , in cui esplorava ancora in maniera innocua i controsensi e le assurdità di alcuni paesi, aspetti poco conosciuti dagli italiani e mai raccontati dai tour operators, ovviamente. Poi Grillo scoprì il tesoro di Ali Babà: il blog. Da buon genovese capì che c’era un potenziale nascosto da cui ricavare gloria e profitti, il mondo della Rete. Grillo divenne anche lui un professore, lui che era un comico iniziò a occuparsi di telefonia, di inquinamento, di energia… cavalcando l’onda ecologista e new age attraverso temi cari a tutti noi: la salute, l’aria che respiriamo, il cibo, la benzina, la casa. Un vero capopopolo, un Masaniello.

Dalla cattedra virtuale al partito politico il passo fu breve, ed ecco il movimento dei “grillini” che si affaccia nelle liste civiche.

Ultimi arrivati, Benigni e Vecchioni. Su RaiUno la lezione deve essere semplice e schietta, senza troppi giri di parole, non dimentichiamo i dati sull’ignoranza: e come la Clerici ti legge la ricetta delle tagliatelle di Nonna Pina, così Benigni ti legge l’Inno d’Italia, improvvisando il 99% dei suoi 40 e passa minuti di lezione.

“Fratelli… eh sì, siamo tutti fratelli… d’Italia… sentite che parola… Italia! Italia!…

che bella parola!…  L’Italia… s’è DESTA, si è svegliata… ma vi rendete conto!”…

e via così per tutto il “Canto degli Italiani”. Se si cerca su Google troverete decine di spiegazioni e interventi su per giù corrispondenti al monologo di Benigni, giudicato “geniale, sorprendente, fantasmagorico, fenomenale, divino”. Qualcuno dovrà un giorno spiegarci bene il concetto di “genialità”, in relazione a una pur appassionata ed entusiasta lettura di un testo. In questo momento ci sfugge.

La canzone del professor Vecchioni ha commosso e ha ricevuto identici plausi… Mi permetto di chiosarla, così com’è arrivata a me :


E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare;

(quale barca? La barca di Peter Pan che volava in cielo? E poi… troppi che, che…)

per il poeta che non può cantare
per l’operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero;

(qui è più chiaro… il Poeta raduna astutamente un po’ di malcontento popolare, la droga, gli operai, i ragazzi che difendono i libri in piazza…)

per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore

 (non capisco: ce l’ha con chi va al mare? …chi sono i signori del dolore? È vago, facciamo i nomi! Fuori le intercettazioni!)

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire,
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole;

(la “maledetta notte” …?  Ma  da  quanto  dura  sta  notte?  Almeno dalla cacciata  di Adamo ed Eva  dal  Paradiso!  …non si  sa  perchè  sempre  notte  per  il  Poeta …)

 

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

(…insomma… dovesse restare un solo uomo ci sarebbe assai poco da difendere… lo scenario è abbastanza apocalittico… lampi, notti maledette, sfiga  cosmica… scusate, ma  qui  tocca  fare  i debiti scongiuri!)

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di avere perso,
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo
Chiamami ancora amore

(farfalle senza  ali,  temporali, voci  di madre, il sorriso  di  Dio… siamo a un passo da  James Bond (ricordate  “la  lacrima di Allah”?), una  galleria di immagini abbastanza banali e scontate, conveniamone…) 

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo

(insomma, a volte l’umanità è davvero indifendibile, ma siamo a un passo dal Vangelo secondo Matteo) infine… 

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore


Perché noi siamo amore   
    
 (e qui è direttamente Dio che parla e ci benedice  e  se  è  Dio  che  ha  parlato allora… Deus vult… LA VITTORIA È CERTA!)».      

      

             

       

    

   

Enrico Stinchelli  (http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Stinchelli) 

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