Un tweet, un semplice tweet, un timido, ma non tanto, cinguettio del noto social network, è alla base di queste riflessioni:
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E adesso che non ho più le mie illusioni, che cosa me ne frega della verità #grandevasco #poesia
Soprattutto gli hashtag [1] lasciano perplessi, perché ascrivono alla categoria della grandezza e della poesia la star indigena del rock (e perché no? della filosofia della sregolatezza, della sfiducia, del pessimismo). Il grandevasco poeta è evidentemente uno dei paradossi della nostra epoca.   

Proviamo ad analizzare il “profondo pensiero” e magari la “virtù poetica” del Vate proprio attraverso il testo della canzone cui si riferisce il tweet, “E adesso che tocca a me”.   

E adesso che sono arrivato
Fin qui grazie ai miei sogni
Che cosa me ne faccio
Della REALTÀ

Sospinto dalla forza dei “sogni” l’autore del testo è “arrivato fin qui”, sembra dunque che sia riuscito a “realizzare” qualcosa di importante, ma della REALTÀ dice di non sapere che farsene… Ha inseguito sogni inadatti? illusori? falsi? Il punto di arrivo cui i sogni l’hanno portato non è “reale”? ma allora perché viene accostato logicamente alla REALTÀ? O forse vuole semplicemente sostenere che solo le illusioni l’hanno aiutato a sopravvivere? 

Adesso che non ho
Più le mie illusioni
Che cosa me ne frega
Della VERITÀ 
    

Il realizzarsi dei sogni ha cancellato i sogni, e senza i sogni-illusioni il grande vate se ne frega della VERITÀ. È da osservare però che se i sogni si realizzano non erano certo illusioni e qualche verità dovevano possederla… Perché fregarsene della verità se i sogni si sono “avverati”? Inoltre per verità, scritta in modo così gridato (tutte maiuscole), che cosa intende Vasco? Ribadiamo: un sogno, un progetto che trova esito, non può essere considerato illusorio, è “vero”, verissimo… Ma di colpo sembra affacciarsi l’esigenza di una verità superiore? o l’incongruente considerazione che le illusioni concretizzatesi hanno portato via anche l’illusione della verità? Interrogativi assai ardui… C’è però anche un ultimo dubbio: qualora “il poeta” abbia voluto dire che  solo i sogni gli hanno permesso di vivere, che senso ha, perse le illusioni, rinunciare alla VERITÀ? La rinuncia dipende dal fatto che anche la verità è un sogno? Eppure si sta per dire “adesso che ho capito come va il mondo”, che è come affermare che la verità (una verità, almeno) è stata trovata! Abissi sempre più insondabili… 

Adesso che ho capito
Come va il mondo
Che cosa me ne faccio Della SINCERITÀ
E adesso
E adesso 
    

Come va il mondo? Se hai realizzato i sogni non dovrebbe andar male, e se hai “capito come va” forse attraverso il tuo grande carisma il mondo dovresti tentare di cambiarlo, non lanciando messaggi disfattisti a chi ti segue a bocca aperta e pende dalle tue labbra… Che te ne fai della SINCERITÀ? Insegnala, insegnala alla folla dei tuoi seguaci: forse qualcuno capirà… No, meglio assecondare la loro rabbia, la loro delusione, la loro convinzione che tutto fa schifo e niente può cambiare le cose. Meglio, soprattutto per le tue tasche. Facile vendere il vino all’alcolista, più difficile vendergli acqua salutare correggendo il suo vizio!   

E adesso, adesso?   

E adesso che non ho
Più il mio motorino
Che cosa me ne faccio
Di una macchina 
    

…E qui non arrivo… chiedo scusa per i miei limiti, ma questa logica non la seguo. Faccio per dire: visto che il motorino sembra la metafora del sogno svanito che nemmeno il possesso di un’automobile può colmare, così come la Svizzera, con tutti i suoi soldi, non ripaga della perdita del mondo infantile, rappresentato da Topo Gigio… Magari la mia esegesi è scorretta. 

Adesso che non c’è
Più Topo Gigio
Che cosa me ne frega
Della Svizzera
    

Questi sono grandi pensieri, non c’è dubbio, da “grandevasco”, come recita l’hashtag di Twitter

Adesso che non c’è
Più brava gente
E tutti son più furbi Più furbi di me
   

Non c’è più brava gente… Dunque una volta c’era… Chi l’ha corrotta? E se la gente è in grado di essere “brava” perché non fai qualcosa per ricondurla alla virtù, invece di farle credere che non ci sono più sogni e non c’è più speranza? Messaggi positivi i tuoi, educativi, pieni di implicazioni feconde… Devi però spiegarmi in che senso tutti sono più furbi di te… Difficile essere più furbi di chi si è arricchito sull’altrui disagio! Quanti hanno accumulato le tue fortune? Quanti sono riusciti a diventare santoni sfruttando da furbi le idee depresse e dominanti dei meno furbi? Quanti hanno ottenuto il tuo successo? 

E ADESSO CHE TOCCA A ME
E ADESSO CHE TOCCA A ME
E ADESSO CHE TOCCA A ME
E ADESSO CHE TOCCA A ME
   

E adesso che tocca a te? Much ado about nothing, chiosando con Shakespeare: tanto rumore per nulla… o solo per modificare la capienza della tua cassaforte.   

Va notato, in chiusura, che gli esiti non edificanti del messaggio sono aggravati dal fatto che la canzone è gradevole da ascoltare (ma per carità, lasciamo perdere accostamenti a Mozart a svantaggio del Salisburghese!). Purtroppo in certi casi la musica diventa veicolo di messaggi impropri, o addirittura non appropriati.   

Ah, dimenticavo: la poesia.   

Dov’è?…   

 Amato Maria Bernabei   


[1] L’hashtag (parola, anche composta da più voci collegate senza spazi, preceduta da un cancelletto: ad esempio #DivinaCommedia) è uno dei punti di forza di Twitter: serve per identificare i temi, gli argomenti, e dare organizzazione e senso ai flussi di tweet (“cinguettii”, brevi messaggi di 140 caratteri) che si incrociano sul social network.   

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