Già negli anni in cui la grammatica si studiava a lungo e in maniera approfondita (ad esempio mezzo secolo fa, quando io frequentavo la scuola media e il Liceo) i manuali – e gli insegnanti – avevano la cattiva abitudine di avvertire che un complemento “rispondeva” a questa o a quella domanda: chi, che cosa complemento oggetto, di chi, di che cosa complemento di specificazione, e così via, senza nemmeno porsi il problema di generare negli studenti una terribile e spesso irreversibile confusione.

Si è sempre insegnata l’analisi “meccanica”, lontana anni luce dalla genuina riflessione logica sulle funzioni… La botte è piena di vino, è piena “di che cosa”? si chiede l’alunno, e analizza in modo sbagliato: di vino = complemento di specificazione, mentre l’uso vero della logica obbligherebbe al riconoscimento di un complemento di abbondanza;  sul tavolo c’è la merenda, c’è “che cosa”? si chiede il mal istruito alunno, e sbaglia, scambiando il soggetto della frase per un complemento oggetto!

Nessun sintagma (unità sintattica autonoma) può rivestire una funzione precisa al di fuori del contesto logico di un’unità di pensiero, ovvero di quell’elemento essenziale del discorso che chiamiamo proposizione o frase. Anche la cosiddetta “analisi grammaticale” che forse più correttamente bisognerebbe cominciare a chiamare “analisi morfologica”, è impossibile se non si considera il singolo elemento da analizzare all’interno di un contesto di pensiero: chi potrà mai riconoscere la funzione morfologica della parola “dopo” senza considerarne la collocazione nel tessuto di un discorso?  Le frasi Vengo dopo, Vengo dopo pranzoVengo dopo aver mangiato, Non mi interessa né il prima né il dopo, Abitava la casa dopo, assegnano alla parola dopo, in successione, le funzioni di avverbio, di preposizione, di congiunzione, di sostantivo, di aggettivo.

Se ne deduce che non c’è possibilità di analisi del discorso senza conformità ai criteri della logica.

Credo di aver imparato abbastanza bene a distinguere i complementi nei miei primi anni di insegnamento, accorgendomi delle mie stesse perplessità nei confronti di casi dubbi (la lingua non è matematica) o delle difficoltà incontrate dagli alunni nell’apprendimento dei concetti e nell’esecuzione degli esercizi: fu allora che bandii “le domandine magiche” dal mio insegnamento e invitai me stesso e i ragazzi a riflettere sulle funzioni, non a ricavarle da un meccanico interrogativo. Anche perché se è vero che ogni complemento risponde a una specifica domanda è indiscutibile che la stessa domanda non è riferibile ogni volta al medesimo complemento: insomma alla domanda di chi, di che cosa, tanto per fare un esempio, possono essere collegati quasi una trentina di complementi!

Per quanto riguarda i “casi dubbi” ai quali alludevamo si supponga di dover analizzare la frase “il ladro fuggì dalla finestra”. La semplice domanda magica potrà naturalmente indurre all’errore e certamente non porterà mai ad accorgersi che “dalla finestra” può avere logicamente la doppia funzione di complemento di moto per luogo e di complemento di mezzo: il ladro fuggì attraverso la finestra oppure si servì della finestra per fuggire.

Al di fuori dei criteri accennati e di una conoscenza approfondita si può incorrere in errori gravissimi e magari insegnare come fa una maestra di quinta elementare (riferisco esperienze vissute), per la quale nell’espressione aereo da guerra “da guerra” è complemento di denominazione (come se l’aereo si chiamasse guerra!) anziché di fine; per la quale nel periodo Il vaso che mi hai regalato è sulla finestra, il pronome relativo “che” è soggetto invece di complemento oggetto… Maestra che può anche insegnare che esiste la preposizione “riguardo” anziché la locuzione prepositiva “riguardo a”, tanto da sottoporre all’analisi dei bambini l’espressione “la lezione riguardo il giornale” (predicato verbale + complemento oggetto?: guardo il giornale per la seconda volta) anziché quella corretta “la lezione riguardo al giornale”, che vuol dire la lezione avente per argomento il giornale.

Anche questi “orrori” sono, come si può comprendere, una forma di Divulgazione dell’ignoranza.

Per chi fosse curioso di sapere quali complementi “rispondono” alla domanda di chi, di che cosa?, o che in ogni caso vengono introdotti dalla preposizione di (semplice o articolata) elenchiamo di seguito gli esempi tratti da La parola e le sue leggi, grammatica italiana di Francesco Manna, Signorelli, Milano 1983.

abbondanza
Il sacco è zeppo di frumento.

appartenenza
Il Mosè di Michelangelo è un autentico capolavoro.

argomento
Stiamo parlando del pauroso incidente.

causa
Sono lieto del tuo ritorno; soffrivo di malinconia.

colpa
Il magistrato fu accusato di peculato.

denominazione
Abbiamo visitato la città di Assisi.

estensione
Una pianura di venti chilometri.

età
Annibale, fanciullo di nove anni, giurò odio eterno verso i Romani.

fine, scopo, effetto
Ciò ti torna di lode; la tua promozione mi è di grande conforto.

limitazione
Annibale era cieco di un occhio.

luogo (moto da…)
Uscii di casa correndo.

luogo (moto per…)
Passerò di là.

materia
Ho smarrito l’orologetto d’oro.

mezzo
Gli antichi Germani si nutrivano di latte e di carne.

misura o differenza
La tua altezza supera la mia di due centimetri.

modo o maniera
Egli è uscito di corsa.

origine
Caio Mario era oriundo di Arpino.

paragone
Mio fratello e più diligente di me.

partitivo
È il più bravo di tutti; alcuni di noi lo invidiano.

pena
Fui multato di mille lire.

prezzo
Questa stoffa costa di più.

privazione
Sei un ragazzo privo di senno.

qualità
Clelia fu una fanciulla di animo virile.

quantità
Dammi un po’ di pane e un bicchiere di birra.

specificazione
Cicerone denunziò la congiura di Catilina.

stima
Il quadro vale di più.

tempo (determinato)
D’inverno nevica spesso.

Amato Maria Bernabei

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